Pensioni anticipate: ecco quanti anni bisogna lavorare per non attendere l’uscita di vecchiaia

I meccanismi di accesso anticipato alla pensione in vigore entro la fine dell’anno partono da un minimo di 20 ad un massimo di 38 anni di contribuzione. Ma i vincoli anagrafici richiedono in molti casi almeno 62-63 anni.

Pensioni anticipate: ecco quanti anni bisogna lavorare per non attendere l’uscita di vecchiaia

Siamo ormai entrati nell’ultima parte dell’anno e per molti è arrivato il momento di fare il punto della situazione rispetto alla possibilità di accedere con un anticipo all’agognata pensione. Avere le idee chiare può essere inoltre utile per cercare di comprendere meglio le nuove proposte di riforma del settore previdenziale in arrivo con la legge di bilancio 2020, visto che un intervento del legislatore nel settore appare scontato.

Al momento, l’accesso anticipato all’Inps è possibile per tutti con un minimo di 63 anni di età e 20 anni di contribuzione tramite l’APE volontaria. Il provvedimento richiede però la sottoscrizione di un prestito ponte (agevolato fiscalmente), che dovrà essere restituito una volta che si comincerà a percepire l’assegno di vecchiaia (che attualmente si matura dai 67 anni di età). In alternativa, c’è l’APE sociale, che richiede dai 30 ai 36 anni di versamenti, ma risulta percorribile solo in alcune specifiche situazioni di difficoltà. Entrambe le misure sono in scadenza al termine del 2019, salvo eventuali proroghe.

Le due opzioni si contrappongono ovviamente alla pensione anticipata ordinaria attualmente in vigore, che prevede però la maturazione di almeno 42 anni e 10 mesi per gli uomini (un anno in meno per le donne), senza alcun vincolo anagrafico. I lavoratori precoci che vivono situazioni di disagio (anche in questo solo se espressamente previste dal legislatore) possono invece accedere alla Quota 41, qualora abbiano lavorato almeno un anno prima del diciannovesimo anno d’età.

Le pensioni anticipate tramite Opzione Donna a partire dai 58 anni ma con 35 anni di versamenti

Un’ulteriore alternativa alla maturazione dei criteri ordinari di quiescenza (disponibile però solo per una parte della platea) consiste nell’Opzione Donna, per la quale è attesa una proroga all’interno della prossima finanziaria. Al momento anche questa opzione risulta infatti in scadenza al termine del 2019.

La cosiddetta OD risulta accessibile a partire dai 58 anni di età (59 anni nel caso delle lavoratrici autonome) e 35 anni di versamenti, purché si accetti una penalizzazione piuttosto pesante nel calcolo del futuro assegno. Quest’ultima risulta però progressivamente meno onerosa al crescere dell’età di chi ne fruisce, in virtù del peculiare funzionamento dei coefficienti di conversione in rendita utilizzati dall’Inps.

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