Pensioni anticipate e quota 100: nella scuola probabilità di basse adesioni

L’arrivo della nuova opzione di pensionamento anticipato tramite la quota 100 si scontra con lo scetticismo nel mondo della scuola: ecco perché l’interesse del personale di settore sembra scarso.

Pensioni anticipate e quota 100: nella scuola probabilità di basse adesioni

Le nuove pensioni anticipate tramite quota 100 hanno superato l’ultimo scoglio necessario alla loro attuazione dopo l’approvazione del decreto legge riguardante il cosiddetto “pacchetto pensioni”, ma il riscontro effettivo nel comparto scolastico potrebbe risultare piuttosto scarso. È quanto emerge dagli commenti rilasciati da Marcello Pacifico, leader dell’Anief (un’associazione di categoria che raccoglie moltissimi lavoratori del settore).

Secondo quanto espresso dal sindacalista, le stime per l’uscita di circa 70mila insegnanti e di altre migliaia di persone impiegate come personale ATA sarebbero eccessive. Ed anzi, potrebbero risultare pochi coloro che sceglieranno di aderire al prepensionamento tramite quota 100 a partire dal prossimo primo settembre 2019.

Uscite flessibili e Quota 100: ecco perché nella scuola la misura potrebbe avere poco successo

Entrando nel merito dei motivi per i quali l’opzione quota 100 potrebbe raccogliere scarsi successi nel comparto scolastico, la prima spiegazione è probabilmente riferibile all’importo più basso dell’assegno. Ricordiamo che la soluzione non prevede alcuna penalizzazione e consente l’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni di età e 38 anni di anzianità lavorativa, ma la contribuzione inferiore può comunque portare a tagli importanti, mentre il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro esclude di fatto e fino ai 67 anni di età qualsiasi compensazione derivante da versamenti aggiuntivi.

Dall’Anief si evidenzia come la questione risulti difficilmente aggirabile: anche considerando che la penalizzazione si fermi attorno al 16%, resta comunque un taglio importante perché un assegno di circa 1600 euro al mese si ridurrebbe a poco più di 1300 euro, con una perdita maggiore di 3 mila euro netti l’anno.

Al contrario, secondo il sindacato, questa professione andrebbe considerata come usurante e dovrebbe quindi avere le tutele di legge già previste in questi casi: basti tenere presente che la media dell’età di pensionamento per gli insegnanti in Europa si attesta attorno ai 63 anni. Sullo sfondo vi sarebbe poi anche la vicenda del pagamento del trattamento di fine servizio, rinviato alla maturazione dei criteri di pensionamento previsti con la legge Fornero. Uno scenario che il Governo ha tentato di calmierare con una convenzione bancaria in grado di garantire un anticipo parziale tramite prestito-ponte, i cui interessi ricadono però ancora una volta sui lavoratori.

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