Pensioni anticipate e Quota 100: i dubbi dei lavoratori sulla convenienza dell’opzione

Dal 2019 il sistema previdenziale pubblico si arricchisce di un nuovo meccanismo di pensionamento anticipato, ma la convenienza non sarà universale: i lavoratori corrono ai patronati per i calcoli sul futuro assegno.

Pensioni anticipate e Quota 100: i dubbi dei lavoratori sulla convenienza dell’opzione

La quota 100 non è ancora entrata ufficialmente in vigore ma un effetto l’ha già ottenuto: quello di indirizzare molti lavoratori potenzialmente interessati all’opzione verso gli uffici dell’Inps e dei patronati. Purtroppo fino a quando il provvedimento non sarà ufficialmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale, non è ancora possibile inoltrare la propria domanda di pensionamento perché di fatto lo strumento di accesso semplificato alla quiescenza non possiede ancora corso legale.

Resta però il fatto che il fenomeno sta confermando non solo l’elevato interesse sulla misura, ma anche un certo disorientamento rispetto alla necessità di verificare se la quota 100 possa effettivamente apparire come una buona opportunità di quiescenza rispetto ad altre opzioni comunque vicine alla maturazione.

Pensioni anticipate e quota 100: i calcoli effettuati dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio

Per cercare di fare il punto della situazione i lavoratori possono finora contare sui calcoli effettuati in senso allargato dai tecnici. Come ad esempio quelli prodotti dall’Ufficio Parlamentare di bilancio, che ha analizzato in profondità l’effetto della quota 100 sul pensionamento di un lavoratore medio. Chiaramente si tratta di dati statistici e quindi con un senso generale, visto che le singole situazioni possono differire anche molto per età, stipendio e anzianità di contribuzione.

Sulla base dei conteggi dell’UPB, il lavoratore che ottiene il massimo anticipo (corrispondente ad un’uscita a partire dai 62 anni di età) dovrà avvalorare al contempo anche cinque anni di mancati versamenti, per una perdita sul futuro assegno che potrebbe arrivare a toccare anche il 30%. C’è da sottolineare che stime meno onerose hanno parlato di una riduzione massima attorno al 15%-16%, perciò in questo caso specifico è prudenziale considerare una differenza a doppia percentuale sull’assegno e comunque superiore al 10%.

Bisogna inoltre chiarire che la differenza tende a ridursi fortemente al crescere dell’età, pertanto si può ipotizzare che chi deciderà di dare seguito al prepensionamento con uno o due anni di anticipo potrebbe trovarsi di fronte ad una differenza più che sostenibile, quando pressoché irrilevante. È chiaro poi che un ulteriore limite da considerare è il cosiddetto vincolo ostativo alla prosecuzione dell’attività lavorativa, pertanto se l’intenzione è quella di integrare il proprio reddito con attività dipendente o autonoma, di fatto deve essere escluso il ricorso alla quota 100.

Continua a leggere su Fidelity News