Le pensioni anticipate tramite opzione donna sono disponibili anche nel 2021. La scelta resta però un vero e proprio sacrificio, in virtù del ricalcolo interamente contributivo dell’assegno. Sulla questione bisogna innanzitutto sottolineare che nel nostro sistema previdenziale sussistono ancora troppi limiti per le lavoratrici che si trovano in età avanzata davanti alla necessità di ottenere l’accesso all’Inps.
L’attuale normativa non tiene infatti conto del lavoro di cura svolto dalle donne e del pesante gender gap presente nel mercato del lavoro. Un fenomeno che rischia di provocare gravi conseguenze anche al momento del pensionamento, visto che le donne si trovano a ricevere stipendi più bassi durante la fase attiva e pensioni ridotte (in virtù della minore contribuzione) anche in età di quiescenza.
A tutto ciò bisogna aggiungere che l’opzione donna rappresenta l’unica vera prospettiva di flessibilità dedicata in via esclusiva alle lavoratrici, ma con l’ulteriore aggravio della forte e ulteriore penalizzazione sul valore dell’assegno. Così, per molte donne che si trovano in situazioni difficili, non resta che ingoiare l’amaro boccone. Si pensi, ad esempio, al caso di coloro che hanno perso il lavoro e terminato il sussidio di disoccupazione verso i 60 anni di età. L’opzione donna, in tal caso, resta l’unica alternativa per garantirsi un reddito minimo davanti all’impossibilità di trovare un nuovo lavoro.
Con la proroga in legge di bilancio 2021 i criteri restano gli stessi
Stante la situazione, la legge di bilancio ha comunque previsto la proroga dell’opzione donna anche nel corso del nuovo anno. Possono accedere le lavoratrici che hanno maturato entro il 31 dicembre 2020 almeno 58 anni di età (59 anni se autonome) unitamente a non meno di 35 anni di versamenti. Oltre a ciò, le lavoratrici dovranno comunque fare fronte a una finestra di attesa nell’accesso al primo assegno pensionistico di un anno se dipendenti, oppure di 18 mesi se autonome.
La scelta resta comunque sofferta proprio in virtù del ricalcolo contributivo dell’assegno. Per molte richiedenti si concretizza una forte penalizzazione. In alcuni casi, quest’ultima può arrivare a toccare il 30% dell’assegno previdenziale rispetto a quanto non sarebbe spettato con le regole del calcolo misto – retributivo. Considerando che l’eventuale scelta è irreversibile, si può comprendere perché si tratti in tutta evidenza di una decisione difficile anche quando appare l’unica possibilità a disposizione.