Pensioni anticipate e abolizione dell’APE sociale: la nuova riforma potrebbe penalizzare alcuni dei più svantaggiati

Sulle pensioni crescono le preoccupazioni per le ultime ipotesi di intervento: la nuova flessibilità potrebbe portare a penalizzare alcuni dei lavoratori più svantaggiati, come nel caso dell'abolizione dell'APE sociale.

Pensioni anticipate e abolizione dell’APE sociale: la nuova riforma potrebbe penalizzare alcuni dei più svantaggiati

Il percorso della nuova riforma previdenziale appare tutt’altro che in discesa, mentre si moltiplicano gli interrogativi tecnici riguardanti le presunte opzioni che caratterizzeranno il provvedimento. Perplessità emergono in particolare sia relativamente ai tempi di attuazione che alle azioni di risparmio collegate al superamento della legge Fornero.

Il rischio è infatti che si concretizzino provvedimenti ad hoc in grado di agevolare una parte della platea, ma di penalizzarne un’altra: con l’effetto paradossale di ottenere ancora una volta un’azione di salvaguardia non inclusiva e distante dall’intento iniziale avanzato in campagna elettorale, ovvero di misure che potevano davvero flessibilizzare il sistema.

Tutto ciò, va comunque contestualizzato all’interno di un quadro nel quale si susseguono rumors e dichiarazioni, ma che non appare ancora completo. La prossima discussione parlamentare chiarirà sicuramente molti degli aspetti che attualmente presentano elementi di ambivalenza o di difficoltà d’interpretazione.

Le conseguenze relative all’abolizione dell’uscita anticipata tramite APE sociale

Tra i provvedimenti che potrebbero penalizzare maggiormente quei lavoratori che già vivono situazioni di svantaggio vi sarebbe il mancato rinnovo dell’APE sociale, ovvero del meccanismo di pensionamento anticipato a partire dai 63 anni e con 30 – 36 anni di contribuzione (a seconda delle categorie previste dal legislatore).

Una eventuale sostituzione con la Quota 100 non riuscirebbe a tutelare le stesse situazioni, soprattutto nel caso in cui fosse previsto un vincolo anagrafico a 64 anni. Lo stesso si può dire anche per la Quota 41 e per la proroga dell’opzione donna, che non andrebbero a coprire le medesime categorie dell’APE.

Ed a conferma di ciò, è emerso nelle ultime ore anche un rapporto ad opera della società di ricerca Tabula, fondata da Stefano Patriarca. Secondo l’esperto previdenziale, il mancato rinnovo dell’APE sociale rischia di impedire il pensionamento dai 63 anni a chi ha un’anzianità contributiva inferiore a 41 anni, con la conseguenza di spostare l’età di quiescenza a 67 anni.

Il percorso a step per l’approvazione delle misure di flessibilità previdenziale

A lato di questi passaggi si situano anche le ultime notizie relative alle tempistiche di approvazione delle misure previste dal contratto di Governo. Secondo alcune indiscrezioni diffuse nella giornata di oggi dal Sole 24 Ore, il Governo sarebbe intenzionato ad approvare i provvedimenti secondo dei passaggi modulari.

All’interno della prossima legge di bilancio potremmo quindi trovare solo la Quota 100, mentre la Quota 41 arriverebbe successivamente. Una scaletta di priorità che riterrebbe quindi più urgente l’approvazione della nuova pensione di anzianità.

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