Pensioni anticipate 2019: per APE sociale e opzione donna si punta alla proroga di un anno

Dalle pieghe della proposta di accordo con Bruxelles e della Legge di bilancio 2019 emerge l’ipotesi di una proroga dell’APE sociale e delle pensioni anticipate con l’opzione donna per un anno.

Pensioni anticipate 2019: per APE sociale e opzione donna si punta alla proroga di un anno

La nuova flessibilità previdenziale in arrivo con la legge di bilancio 2019 non si esaurirà con l’avvio della quota 100 a partire dai 62 anni di età (e con almeno 38 anni di contribuzione). Il Governo sta infatti studiando l’inserimento nella Manovra della proroga di alcune misure di uscita agevolata già presenti all’interno del nostro ordinamento, sebbene terminate o in via di scadenza.

È il caso dei pensionamenti anticipati tramite l’APE sociale e della proroga dell’opzione donna, due misure sulle quali si è registrato un elevato pressing da parte dei lavoratori potenzialmente coinvolti e che l’esecutivo sta pertanto pensando di portare avanti attraverso un rinnovo annuale.

Le uscite flessibili con la proroga di opzione donna e con l’APE sociale

Per quanto concerne l’uscita anticipata tramite l’opzione donna, la misura prevede la riapertura della sperimentazione dedicata alla platea femminile, seppure questa volta i criteri di accesso saranno un po’ più stringenti. Si parla infatti del raggiungimento di almeno 58 anni di età (un anno in più nel caso di lavoratrici autonome) da maturare entro la fine del 2019. Contemporaneamente, sarà necessario anche raggiungere il requisito contributivo, fissato dal legislatore ad almeno 35 anni di versamenti presso l’Inps (in questo caso il parametro rimane sostanzialmente invariato rispetto alla versione precedente di OD).

La proroga dell’APE sociale prevede invece di estendere la misura di tutela tutt’ora in essere ed in scadenza al 31 dicembre a tutto il 2019. I requisiti restano quelli attuali, pertanto il lavoratore dovrà raggiungere almeno 63 anni di età ed una storia contributiva che va dai 30 ai 36 anni di versamenti, sulla base della specifica situazione di disagio per cui il legislatore ha previsto una tutela.

Tra queste casistiche, rientrano ad esempio coloro che si trovano disoccupati dopo un licenziamento, o che hanno dato le dimissioni per giusta causa, così come i caregiver che si occupano di persone non autosufficienti o i lavoratori che possiedono un’invalidità superiore al 74%, oltre a coloro che rientrano nelle categorie dei lavori gravosi indicati all’interno della legge.

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