Arrivano dall’Inps i primi dati sullo squilibrio di trattamento che c’è tra l’attuale metodo contributivo e il vecchio, e più generoso, metodo retributivo, basato cioè sugli ultimi stipendi ricevuti durante la vita lavorativa, che è il modo di retribuzione in vigore per circa 12 milioni di italiani. Secondo un calcolo condotto da Francesco e Stefano Patriarca, lo squilibrio medio tra i due metodi sarebbe addirittura del 24,6%, percentuale che sale al 29% per i trattamenti di importo compreso 1.250 e 2mila euro, situazione che riguarda circa 3 milioni di italiani.
Uno squilibrio che avrebbe portato ad una spesa di circa 46 miliardi di euro per le casse pubbliche, vale a dire quasi 3 punti di prodotto interno lordo, più del doppio dei 18 miliardi previsti da Padoan per il rimborso dei pensionati in seguito all’incostituzionalità della norma Fornero. Solo per fare un esempio, i pensionati Inps che ricevono tra i 3mila e i 5mila euro col calcolo retributivo, costano allo Stato 15,9 miliardi, mentre col calcolo attuale sarebbero costati solo 12 miliardi, quasi 4 miliardi in meno. Per gli 1,2 milioni di italiani che prendono tra i 2mila e i 3mila euro, invece, lo squilibrio diventa di ben 11,4 miliardi.
Gli autori di questo studio, peraltro, scrissero con Boeri lo scorso anno un’analisi che proponeva un contributo di equità per le pensioni oltre i 2mila euro non giustificate dai contributi versati; una tassa con aliquota crescente, che avrebbe portato ad un gettito di 4 miliardi. E lo stesso Boeri, in quanto presidente dell’Inps, ha già annunciato di voler ricalcolare tutti gli assegni col metodo contributivo, presentando la relazione al governo per valutare il da farsi. Secondo i risultati dell’operazione Porte Aperte, poi, è risultato che i fondi speciali ricevuti, tra gli altri, da piloti, ferrovieri ed ex dirigenti pubblici, sono di circa il 60% in più di quanto gli spetterebbe, se le pensioni fossero calcolate col metodo contributivo.