Pensioni 2022: ipotesi di uscita da 62 anni con la Quota 97

Sulla riforma delle pensioni 2022 emerge l’ipotesi della quota 97, ma con penalizzazioni crescenti sul futuro assegno. Il taglio massimo applicato corrisponderebbe al 10%.

Pensioni 2022: ipotesi di uscita da 62 anni con la Quota 97

Nel dibattito sulla riforma delle pensioni continuano a moltiplicarsi le ipotesi da inserire all’interno della legge di bilancio 2022. La necessità di un intervento correttivo è dettata dalla fine della quota 100, prevista per il prossimo 31 dicembre 2021. La proroga dell’opzione è fuori discussione, ma un mancato intervento sui criteri della legge Fornero provocherebbe fino a 5 anni di attesa per chi dovrà andare in pensione dal prossimo anno.

La soluzione per ovviare a questo problema non è stata ancora trovata dal governo Draghi, posto che finora si è parlato di un mix di misure che vanno dalla proroga ed estensione dell’APE sociale a quella dell’opzione donna. Particolare risalto è stato dato, nelle scorse settimane, all’estensione della lista dei lavori considerati come gravosi e che potranno quindi beneficiare di specifiche agevolazioni.

Per coloro che non rientrano nei casi di tutela, restano però i criteri ordinari di accesso alla pensione. Nel 2022 si uscirà dal lavoro con almeno 67 anni di età e 20 anni di versamenti. L’alternativa della pensione anticipata è prevista con almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti (un anno in meno per le donne). È all’interno di questo contesto che si inserisce la proposta della quota 97.

Pensioni anticipate nel 2022 e quota 97: la proposta in arrivo dal centro destra

Diversi parlamentari del centro destra hanno avanzato nelle scorse ore una proposta definita come quota 97. La quadra sulla spesa sarebbe trovata nell’applicazione di una penalizzazione sul futuro valore dell’assegno. La trattenuta dovrebbe risultare crescente in modo proporzionale agli anni di anticipo.

Di fatto, l’ipotesi prevede la possibilità di uscire dal lavoro a partire dai 62 anni di età, avendo versato almeno 35 anni di versamenti. Questi due parametri, se confermati, sarebbero migliorativi rispetto alla quota 100 (che prevede il raggiungimento di almeno 38 anni di contributi).

La penalizzazione applicata alle future pensioni con la quota 97

D’altra parte, uscire a 62 anni con questa formula significherebbe rinunciare al 10% della propria pensione. A 63 anni la penalizzazione applicata corrisponderebbe all’8%, mentre a 64 anni si arriverebbe al 6%. Uscire uno o due anni prima dei criteri previsti con la legge Fornero comporterebbe rispettivamente il taglio del 4% e del 2%.

Oltre a ciò, vi sarebbe un ulteriore vincolo legato all’importo minimo dell’assegno erogato. Se la quota 97 venisse approvata, quest’ultimo non dovrà risultare inferiore ad 1,5 volte l’assegno sociale, in modo da garantire che il neo pensionato possa mantenere uno stile di vita minimo adeguato durante la vecchiaia.

Continua a leggere su Fidelity News