Il governo italiano sceglie la via attesa della ‘progressività‘ per sbrigliare la matassa delle pensioni, dopo lo stop della Consulta al congelamento dell’indicizzazione al costo della vita che potrebbe avere impatti sui conti pubblici valutati fino a 19 miliardi. Lo ha confermato lo stesso ministro dell’Economia, Padoan, anticipando che in settimana verrà varato il relativo decreto.
I rimborsi relativi al mancato adeguamento all’inflazione degli anni passati saranno dunque parziali e l’indicizzazione non sarà ripristinata totalmente. “Lo faremo in modo parziale e selettivo. Progressività e temporaneità, come dice la Corte Costituzionale, vuol dire evidentemente che sono le pensioni più basse che devono essere protette più di quelle alte“, ha spiegato il monistro in un’intervista al Messaggero. La norma sarà definita molto presto: “In settimana vareremo il decreto sulle pensioni” assicura Padoan.
“Il principio che ci sta guidando nel determinare un metodo che permetta di restituire una parte dell’indicizzazione si basa su un criterio di gradualità. Quindi tenendo conto delle fasce di reddito sia in termini di arretrati sia di trattamenti futuri. Ma allo stesso tempo occorre mantenere sostanzialmente intatta la struttura del Def. Inoltre l’Italia si troverebbe a violare il vincolo del 3%, l’aggiustamento strutturale e la regola del debito“. ha dichiarato il ministro Padoan.
Pare dunque confermarsi l’indirizzo anticipato nei giorni scorsi, che nella forma è indicato dalla stessa sentenza della Consulta. Il riferimento, da parte dei giudici stessi, alla progressività e ad altre misure del passato che non sono state dichiarate incostituzionali parlano da soli: avere una piena indicizzazione per le pensioni fino a 1.500 euro circa e poi a decalare per scaglioni di assegni, sembra una soluzione che possa mettere tutti d’accordo. Anche l’Europa, che mercoledì darà le sue raccomandazioni sui conti pubblici degli Stati membri e vuole essere rassicurata dall’Italia sul rispetto dei parametri di finanza pubblica. L’Italia rientrerà, secondo quanto dicono fonti all’Ansa, sotto il “monitoraggio” della Ue: l’uso della flessibilità richiesto dal Def resta quindi condizionato a quanto costerà risolvere il problema delle pensioni. Dal lato del Tesoro, si specifica allora che “l’Italia rispetterà il programma finanziario indicato nel Def, a cominciare dal deficit, che nel 2015 sarà al 2,6% come indicato nel quadro programmatico”.