Luci e ombre della web tax, in vigore dal 2019

Pro e contro alla web tax, l'imposta sulle transazioni via web. Mucchetti: "Gli introiti potranno arrivare a un miliardo”. Stevanato: “È a rischio di incostituzionalità".

Luci e ombre della web tax, in vigore dal 2019

Dopo aver a lungo riflettuto, la Commissione Bilancio al Senato ha dato il via libera all’imposta sulle transazioni via web; la tassa è stata fissata al 6% sui servizi digitali, chiamata brevemente ‘web tax’ entrerà in vigore a partire dal 2019. La flat tax del 6% sarà applicata a tutte le transazioni riguardanti prestazioni di servizi che saranno effettuate tramite i mezzi elettronici, saranno favorite le società che hanno sede in Italia, ed esclusi gli agricoltori e le imprese agricole.

L’incasso previsto grazie a questo emendamento secondo Massimo Mucchetti che ha presentato la relazione tecnica della Commissione è stimato in 114 milioni di euro. Addirittura, ha dichiarato Mucchetti nei giorni scorsi, “a regime gli introiti potranno arrivare a un miliardo”; sempre secondo Mucchetti si tratta “di una cifra non enorme, ma nemmeno trascurabile”.

Tutte le imprese dovranno versare l’imposta, ma quelle italiane già a regime con le tasse avranno la possibilità di contare sul credito d’imposta, un importo equivalente per non venire tassati due volte. Purtroppo però, secondo Dario Stevanato, professore ordinario di diritto tributario all’università di Trieste, le start up italiane che sono attive nei servizi web, che spesso per anni non producono utili, non potranno godere del credito di imposta.

Quello dei giorni scorsi è stato solo il primo via libera al testo, dopo varie modifiche, ora lo prenderà in mano la Camera e, vista la complessità della materia, c’è un’alta probabilità che il testo subisca altri cambiamenti. Già alcuni deputati delle Commissioni Bilancio e Finanze di Montecitorio hanno evidenziato alcune falle della norma, prima tra tutte il ruolo di sostituti d’imposta che verrebbe affidato alle banche.

Il prof. Stevanato ritiene che la proposta di Mucchetti sia una mossa politica per far evitare il pagamento delle tasse ai grandi gruppi web, infatti “Restano escluse le transazioni nei confronti dei consumatori finali, quindi per esempio l’abbonamento a Netflix non sarà tassato; mentre lo sarà la vendita di spazi pubblicitari da parte di Google e Facebook”.
La web tax, afferma sempre Stevanato, è a rischio di incostituzionalità e quasi matematicamente sarà oggetto di ricorsi presso la Corte di giustizia dell’Unione europea.

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