Lo scorso anno il Financial Times ha lodato la città di Milano definendola “la capitale delle startup”. Per il quotidiano economico britannico, infatti, il capoluogo lombardo dispone di tutte le condizioni favorevoli per attrarre talenti desiderosi di lanciare nuove attività imprenditoriali. Andando indietro nella storia, possiamo però affermare che simili circostanze erano anche presenti secoli fa, e più precisamente già nel XV secolo.
A sostenerlo troviamo Maria Paola Zanoboni, studiosa di storia medievale presso l’Università degli Studi di Milano. Su questo tema ha tra le altre cose incentrato una ricerca che presenterà all’interno del dibattito “Startup medievali: Milano e la crescita del made in Italy”, momento di confronto che avrà luogo a partire dal prossimo 27 settembre al Festival del Medioevo di Gubbio.
Per trovare le analogie esistenti tra le startup di oggi e quelle medioevali, la studiosa si è concentrata sul significato stesso di startup. La legge italiana del 2012 l’ha classificata come “società che investe nelle nuove tecnologie e assume lavoratori specializzati per creare prodotti innovativi, ad alto valore tecnologico”. Sotto questo punto di vista, anche l’attività intrapresa nel 1454 da Giovanni da Montaione poteva essere classificata come startup.
L’artigiano toscano era stato infatti in grado di sviluppare una tecnologia che permetteva di creare il vetro cristallino, una versione più raffinata del classico vetro in uso nel tempo. Per capire la portata dell’innovazione, è come se in un mercato di televisori con schermi a tubi catodici, qualcuno fosse improvvisamente in grado di offrire i monitor a cristalli liquidi. Per farlo partì lavorando in una umile bottega dove assoldò i migliori artigiani dell’epoca.
Ma non c’era solo il vetro. Una fiorente industria del ricamo, della seta, dell’oreficeria ed anche militare, erano la normalità nella Milano del 1450. A tal fine è sufficiente pensare che Leonardo da Vinci si presentò al cospetto di Ludovico il Moro con un “curriculum” da ingegnere militare. Si creò così un’ambiente competitivo ed innovativo che poteva prosperare grazie agli sgravi fiscali ideati della famiglia degli Sforza. Inoltre chi apriva un’attività si vedeva tutelato il diritto di esclusiva per diversi anni. Gli artigiani che sfruttavano queste condizioni potevano contare sulla “bolla tecnologica” che permetteva loro di arricchirsi in poco tempo. Il tutto a vantaggio della collettività, che poteva così beneficiare di prodotti nuovi ed innovativi.
A quanto pare, quello spirito innovativo ancor oggi sopravvive nel tessuto milanese, i cui prodotti sono considerati come un marchio di affidabilità sia in Italia che nel resto del mondo. Ed è anche per questi motivi che il Financial Times non poteva non considerare Milano come la “capitale delle startup”.