I Rockefeller dicono addio al petrolio e si uniscono alla lotta per la difesa dal pianeta, dichiarando guerra ai drastici cambiamenti del clima. Certo una cosa insolita per una famiglia che ha costruito il suo impero economico sull’oro nero della Standard Oil e ne ha fatto per più di un secolo il suo emblema di ricchezza: la famiglia annuncerà il cambio di rotta all’apertura della conferenza sul clima a New York. L’intenzione della Fondazione filantropica è senza dubbio quella di dirottare gli 860 milioni di dollari investiti nel petrolio verso le energie rinnovabili.
In effetti negli ultimi anni sono state almeno 180 le istituzioni e anche centinaia i milionari che da tutto il mondo hanno cambiato la loro strategia di investimento, e molti hanno anche venduto asset del portafoglio legati al petrolio per investire nelle nuove fonti di energie alternative e pulite. Un esempio è la PensionDanmark, che ha già dirottato il 7% dei suoi 26 miliardi verso le rinnovabili. La compagnia ha dichiarato di avere intenzione di aumentare la quota, mentre un fondo australiano del valore di altri 26 miliardi ha appena fatto sapere di voler vendere tutti gli asset legati al carbone. Arabella Advisor ha pressappoco stimato i disinvestimenti complessivi per un valore di oltre 51 miliardi di dollari.
L’obiettivo di chi ha già venduto è di dare un segnale, poiché per vedere i profitti ci vorrà del tempo, ma già è bastato per spostare l’interesse dei propri investimenti e di allinearli ai principi ambientali. Una sorta di reazione a catena che vedrà la partecipazione di ulteriori investitori finora scettici ma che aumenterà pian piano fino a gettare basi concrete per trovare soluzioni al riscaldamento globale.
Steven Rockefeller ha detto: “Per noi l’operazione ha una dimensione morale, ma anche economica. Prevedo problemi per le aziende che non difenderanno il pianeta dai cambiamenti climatici”. L’attività del disinvestimento dai carboni fossili ha avuto origine dai college universitari, ma non tutti sono sulla stessa lunghezza d’onda, e ancora la stessa Harvard, che ha 32,7 miliardi investiti, è fuori. I supporter affermano: “Il disinvestimento avrà un effetto indiretto sulle compagnie portando maggiore attenzione ai cambiamenti climatici“.