Fondata nel 2003 da Federico Grom e Guido Martinetti, la catena di gelaterie torinesi Grom aveva presto riscosso un gran successo non solo in Italia, ma anche all’estero. La scelta di produrre il gelato “come una volta” si era dimostrata vincente ma, dopo un primo decennio da urlo, qualcosa aveva iniziato a non girare più per il verso giusto.
E, in effetti, dopo aver aperto alcuni esercizi a Parigi, Osaka, Tokyo, Malibù e New York, qualcuno incominciò a porsi il dubbio che, in un simile contesto, i gelati non potessero essere prodotti in loco, ma più che altro ultimati sulla base di alcuni preparati. Le code davanti alle gelaterie sarebbero quindi sorte a seguito di un equivoco, o meglio di uno slogan che sottolineava la tradizione e l’autenticità. Nei fatti però, l’ingrediente base veniva preparato nello stabilimento principale di Mappano che, previa pastorizzazione e congelamento, veniva poi distribuito nei vari negozi in cui avveniva la mantecatura finale.
Proprio per questo motivo, in molti puntarono il dito contro Grom, definendolo niente altro che un gelato industriale. Nel 2015 la stessa Codacons prese a cuore la situazione, diffidando la società ad utilizzare il termine “artigianale”, che di fatto non si addiceva a quello che era il reale processo produttivo. Sempre nel 2015, Grom venne poi acquisita da Unilever, la multinazionale anglo-olandese leader del settore, proprietaria di altri celebri marchi come Magnum, Algida e Carte D’or.
Da quello stesso momento, il colosso ha fatto sapere che avrebbe interamente ristrutturato l’immagine del marchio italiano, chiudendo la rete di negozi per privilegiare le vendite nella grande distribuzione, supermercati e centri commerciali in primis.
In altre parole, a fronte dei costi sempre più elevati per la gestione dei vari negozi, i due fondatori hanno dovuto rivedere le loro ambizioni, affidandosi alla competenza di una multinazionale che conosce alla perfezione le dinamiche del settore.
Non a caso, Unilever ha già puntato a riconvertire le attività del marchio investendo 16 milioni di euro. L’obiettivo che si è imposti è quello di dare del filo da torcere a Häagen-Dazs, leader in fatto di gelati di fascia alta, caratterizzati però da un modo completamente differente di intendere il prodotto. Nel frattempo, alcune gelaterie, quelle molto gettonate dai turisti, dovranno essere chiuse. Così, dopo la storica sede di Torino e le gelaterie già dismesse nel 2019, altri tre esercizi dovranno chiudere i battenti nel 2020.