Ce lo racconta Repubblica.it con un articolo di Federico Fubini: secondo l’FMI l’Italia è ufficialmente nella “periferia” dell’Eurozona. Nel rapporto viene definita “periphery” quell’area d’Europa più colpita dalla crisi economica. Ci sono dei raggruppamenti interessanti, a seconda di questo o quel focus. Ad esempio, a pagina 5 del rapporto, gli stati “periferia” sono: Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia. Guarda un po’: i PIIGS! Mentre “core” sono, ditelo voi… Austria, Francia, Germania, Belgio, Olanda.
Pare che tale divisione con relativa denominazione abbia suscitato parecchie polemiche. Ma come, nell’Eurozona dei popoli uniti ed integrati, del mercato unico e condiviso, della stessa moneta per tutti, in questo paradiso della solidarietà che preserva dai conflitti di classe e bellici, com’è possibile che ci sia una “periphery” e un “core”? Sgomento, irritazione, proteste.
Bisogna ammettere però, che il FMI dice semplicemente la verità, una verità che fa male perché, se svelata, ci riporta alla realtà “gerarchica” e predatoria del processo di integrazione (in realtà convergenza coatta) europeo, i cui squilibri e le cui storture sono più evidenti nell’Eurozona. Verità accettata e comunemente discussa dei contesti politici e scientifici internazionali perché una divisione di “classe” tra Nord e Sud, con l’adozione di un cambio fisso (Euro), è semplicemente inevitabile, fonte di acquisizioni per il Nord e perdite per il Sud, finché il sistema non si rompe con una frammentazione della valuta o una guerra.
Ci ritorneremo.