Due icone americane in crisi: Kodak e Del Monte di fronte a un futuro incerto

Kodak, regina della fotografia, e Del Monte Foods, simbolo dell’alimentazione in scatola, affrontano pesanti difficoltà finanziarie che le spingono verso ristrutturazioni radicali e rischiano di segnarne la fine.

Due icone americane in crisi: Kodak e Del Monte di fronte a un futuro incerto

Negli Stati Uniti, due marchi storici appartenenti a mondi completamente diversi si trovano oggi ad affrontare gravi difficoltà finanziarie, tanto da mettere in discussione la loro stessa sopravvivenza. Da un lato Kodak, simbolo della fotografia e del cinema, alle prese con debiti imminenti e un futuro incerto; dall’altro Del Monte Foods, nome iconico dell’industria alimentare, costretta a ricorrere al Chapter 11 per ristrutturare passività miliardarie. Pur operando in comparti lontani, entrambe condividono un destino segnato dal peso di un’eredità ingombrante, da scelte strategiche complesse e da scenari di mercato profondamente mutati, che oggi ne mettono a dura prova la capacità di restare competitive.

La Eastman Kodak Company, icona mondiale della fotografia e del cinema, ha reso noto di non avere le risorse finanziarie sufficienti per far fronte ai debiti in scadenza nei prossimi mesi. In un comunicato ufficiale, l’azienda ha dichiarato che la situazione attuale “solleva dubbi sostanziali” sulla possibilità di continuare l’attività, lasciando intendere che senza interventi rapidi il rischio di un nuovo collasso sia concreto.

Nonostante il quadro complesso, Kodak si è detta “fiduciosa” di riuscire a coprire una parte significativa degli obblighi finanziari, puntando a rinegoziare o rifinanziare il restante debito. Tra le misure previste per recuperare liquidità, vi è la sospensione dei pagamenti relativi al piano pensionistico. L’annuncio, diffuso subito dopo la pubblicazione dei risultati del secondo semestre, ha avuto un effetto immediato sul mercato: il titolo ha perso il 25% a Wall Street.

Fondata nel 1892 da George Eastman, Kodak rivoluzionò il mondo della fotografia rendendola accessibile anche ai non professionisti. L’innovazione non si fermò alla tecnologia: il marchio stesso, “Kodak”, venne scelto dal fondatore per la sua sonorità incisiva e per la predilezione verso la lettera “K”. Nel corso del Novecento, l’azienda conquistò una posizione dominante anche nel mercato delle pellicole cinematografiche, raggiungendo negli anni ’70 quote di mercato impressionanti: il 90% negli Stati Uniti per le pellicole e l’85% per le fotocamere.

La pellicola Kodachrome, famosa per la sua resa cromatica, entrò persino nella cultura popolare, ispirando una canzone di Paul Simon che celebrava la vividezza dei colori e la passione per la fotografia. Paradossalmente, a segnare l’inizio della crisi fu un’invenzione nata proprio in casa Kodak. Nel 1975, l’ingegnere Steve Sasson sviluppò la prima fotocamera digitale, anticipando di decenni una rivoluzione tecnologica.

Un rapporto interno prevedeva che il digitale avrebbe soppiantato la pellicola entro il 2010, ma i vertici dell’azienda scelsero di non puntare su questa innovazione, ritenendo che il pubblico non fosse pronto a guardare le proprie foto su uno schermo. Questa scelta rallentò l’adattamento di Kodak alla nuova era digitale, lasciando spazio a concorrenti più rapidi nell’abbracciare le nuove tecnologie.

La situazione si deteriorò al punto che, il 19 gennaio 2012, l’azienda dichiarò bancarotta e chiese la protezione del Chapter 11. Grazie a un finanziamento di 950 milioni di dollari da Citigroup e a un piano di riorganizzazione, riuscì temporaneamente a risollevarsi. Oggi, a distanza di oltre dieci anni dal primo salvataggio, Kodak si trova di nuovo davanti a un bivio. L’evoluzione tecnologica, la concorrenza aggressiva e una domanda di mercato sempre più orientata verso il digitale e il mobile imaging hanno eroso ulteriormente la sua posizione. Se l’azienda non riuscirà a trovare nuovi investitori o ad accordarsi con i creditori, il rischio di chiusura non sarà più soltanto un’ipotesi. Per un marchio che ha immortalato generazioni di ricordi e ha contribuito a scrivere la storia della fotografia, sarebbe la fine di un’epoca.

In precedenza, dopo quasi un secolo e mezzo di attività, anche un’altra storica azienda statunitense si è trovata ad affrontare una situazione finanziaria critica. Del Monte Foods, celebre in tutto il mondo per le sue pubblicità in cui “l’uomo del monte” pronunciava il famoso «sì», ha avviato la procedura di protezione fallimentare prevista dal Chapter 11 negli Stati Uniti. La decisione, formalizzata il 1° luglio 2025, arriva dopo anni di contrazione dei consumi e un contesto economico reso ancora più complesso dagli effetti a lungo termine della pandemia da Covid, che hanno inciso sulla logistica e sulla catena di approvvigionamento. Il debito complessivo, pari a 1,23 miliardi di dollari, ha spinto l’azienda, guidata dal CEO Greg Longstreet, a siglare un accordo con i creditori per ristrutturare le proprie passività attraverso la vendita assistita dal tribunale.

A poche ore dall’annuncio, S&P Global Ratings ha abbassato il rating creditizio da CCC a D, segnalando la gravità della situazione. Oggi Del Monte conta 2.780 dipendenti e punta a garantire la continuità operativa grazie a un finanziamento “debtor-in-possession” da 912,5 milioni di dollari, di cui 165 milioni provenienti da finanziatori già coinvolti. La storia recente dell’azienda è stata segnata anche dalle difficoltà della holding Del Monte Pacific Ltd, che nel 2014 si era indebitata pesantemente per acquisirla. Nel 2024 la società aveva inoltre contratto un prestito residuo di 102,2 milioni di dollari, incrementando di circa 4 milioni all’anno gli oneri per interessi, un fattore che ha aggravato la pressione sui conti già compromessi.

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