Crisi economica: mai sentito parlare del Ciclo di Frenkel?

La crisi economica morde più che mai: e se la causa non fosse il debito pubblico? Che cos'è il Ciclo di Frenkel?

Crisi economica: mai sentito parlare del Ciclo di Frenkel?

La crisi economica morde più che mai: e se la causa non fosse il debito pubblico? Che cos’è il Ciclo di Frenkel?

Tra i mantra che ci vengono ripetuti ossessivamente in questi difficili anni di recessione, ci sono quelli sul debito pubblico: “il debito pubblico è troppo alto”, “il debito pubblico è il problema”, “il debito pubblico è cresciuto a causa di spese improduttive e corruzione” , ecc.

E se queste fossero a pensar male delle menzogne, a pensar bene delle “lievi imprecisioni”?

La proverbiale pulce nell’orecchio ce l’hanno messa da tempo economisti italiani di spessore, come Alberto Bagnai, Claudio Borghi o Gennaro Zezza ed ora anche dalle colonne del Sole 24 Ore il dubbio comincia ad affacciarsi.

Vito Lops, in un interessante articolo del 2 luglio, riporta alcune dichiarazioni del vice presidente della BCE, dalle quali sembrerebbe emergere una realtà diversa da quella che il mainstream dell’informazione ci racconta normalmente.

Dice infatti Vítor Constâncio: “Penso che, per avere una storia più accurata riguardo le cause della crisi, dobbiamo guardare non solo alle politiche fiscali: gli squilibri si sono originati per lo più nella crescente spesa del settore privato, finanziata dal settore bancario dei Paesi debitori e creditori. Al contrario dei livelli del debito pubblico, il livello del debito privato è aumentato nei primi sette anni dell’euro del 27%. L’aumento è stato particolarmente pronunciato in Grecia (217%), Irlanda (101%), Spagna (75,2%), e Portogallo (49%), tutti paesi che sono stati sottoposti a grandissimo stress durante la recente crisi. La crescita repentina del debito pubblico, d’altra parte, è iniziata solo dopo la crisi finanziaria. Nel corso di quattro anni, i livelli del debito pubblico sono aumentati di cinque volte in Irlanda e di tre in Spagna”.

E il vice presidente della BCE, non è proprio uno di passaggio, come non è di passaggio Roberto Frenkel, economista argentino presentato al pubblico italiano da Alberto Bagnai, che, studiando gli andamenti delle economie che si agganciano a dei cambi fissi e confrontandoli con l’esperienza argentina di aggancio col dollaro, ha ricavato una sorta di ciclo, che sarebbe applicabile anche al contesto dell’Eurozona (di fatto, l’aggancio di tanti paesi diversi al Marco tedesco).

Il ciclo si svolge in sette fasi (fonte Wiki):

  1. Il Paese, accettando l’unione monetaria, liberalizza i movimenti di capitale
  2. Affluiscono i capitali esteri, che trovano conveniente investire in un Paese dove i tassi di interesse sono più alti, ma è venuto meno il rischio di cambio
  3. Il flusso di liquidità fa crescere consumi e investimenti, quindi crescono Pil e occupazione
  4. Ma aumentano anche l’inflazione e il debito privato; inoltre si creano bolle azionarie e immobiliari
  5. Un evento casuale crea panico tra gli investitori stranieri, che arrestano i finanziamenti
  6. E’ crisi: si innesca un circolo vizioso tra calo del Pil e aumento del debito pubblico. Il governo taglia la spesa pubblica o aumenta le tasse, aggravando la recessione
  7. Il Paese è costretto ad abbandonare il cambio fisso e a svalutare

Uno spunto in più per approfondire le cause della crisi.

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