Approvato il Recovery Plan, la rivoluzione verde non lo è abbastanza

Il Recovery Plan per la resilienza che è stato approvato ieri dal Consiglio prevede quasi 60 miliardi per la rivoluzione verde e la transizione ecologica in Italia.

Approvato il Recovery Plan, la rivoluzione verde non lo è abbastanza

Il consiglio dei ministri ha approvato il Recovery Plan per l’Italia, chiamandolo Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Lunedì 26 aprile è stato presentato in parlamento e va consegnato all’Europa entro il 30 aprile. Il piano si articola in 6 punti fondamentali: digitalizzazione, innovazione e cultura, infrastrutture per una mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione, salute, rivoluzione verde e transizione ecologica.

Proprio a quest’ultima è stata data maggior rilevanza, infatti i progetti verdi previsti rappresentano un cospicuo 40% del totale dei progetti che rientrano nel Recovery Plan, a cui verranno assegnati 59,33 miliardi ben 2 in più rispetto a quelli previsti nelle ultime bozze del PNRR. Gli obiettivi sono migliorare la sostenibilità del sistema economico e produttivo, assicurare una transizione ambientale imparziale e inclusiva.

Il Piano da molta enfasi all’importanza dell’economia circolare prevedendo investimenti e riforme per la stessa e la gestione dei rifiuti, per raggiungere intenti ambiziosi quali il 65% di riciclo dei rifiuti plastici e il 100% di recupero nel settore tessile. Le risorse per il rinnovo del trasporto pubblico locale stanziate dal PNRR comprendono, inoltre, l’acquisto di bus elettrici a basse emissioni, e per il rinnovo di parte dei treni regionali.

Anche per le fonti di energia rinnovabile il Governo ha programmato importanti investimenti e annuncia la semplificazione delle procedure di autorizzazione nel settore. Per Greenpeace a questo piano manca una svolta decisa sull’economia circolare, difatti, sottolinea l’assenza di misure per ridurre la produzione di rifiuti e il ricorso alla plastica usa e getta.

Pone l’accento sul tema agricolo, che non viene considerato parte della transizione ecologica, escludendo qualsiasi riferimento sullo sviluppo dell’agricoltura ecologica e biologica. Infine, secondo quanto riportato da Greenpeace, le esigue risorse assegnate alla tutela della biodiversità ignorano il ruolo fondamentale dei “servizi ecosistemici” da cui le nostre vite e la nostra salute dipendono.

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