Il caso Yara continua a sorpremdere con colpi di scena avvincenti che però non fanno ancora luce sul delitto della ragazzina di Brembate. Alla sedicesima udienza del processo per il suo omicidio è entrata in aula un’altra donna, Rosita Brena, che corrisponde alla persona che ha il dna mitocondriale rilevato sul capello incastrato fra il giubbino della vittima e il terreno sul quale era riverso il corpo di Yara, nel campo di Chignolo.
Ecco le dichiarazioni della donna fatte ad una giornalista di Pomeriggio 5, il programma di canale 5 condotto da Barbara D’Urso: “Mia figlia andava a scuola con Yara. Erano nella stessa classe per cui mi sembra più che probabile che ci fosse un capello di mia figlia sul suo corpo, perché ovviamente le ragazzine si abbracciano, si sta insieme in classe e può essere che sia successa questa cosa. La cosa più ovvia è questa”.
Inoltre, la donna ha lo stesso cognome di Silvia Brena, la maestra di ginnastica di Yara di cui è stato rilevato il Dna lasciato sul polsino del giubbino. Alla domanda della giornalista se lei fosse una parente della maestra, la donna ha risposto sgarbatamente che non, non lo era e che non ha parenti con lo stesso cognome.
Una reazione che è sembrata troppo violenta e che non trova giustificazioni. Continuano comunque le interrogazioni durante il processo che sembra ogni volta rivelare nuovi dettagli che invece di allargare lo spiraglio della verità portino ancora più confusione.
La presenza del capello della donna ovviamente non aggiunge sospetti su di lei ma rivela come sia davvero difficile accertare quante persone sono venute a contatto con ragazzina negli ultimi momenti di vita mentre nessuno si è invece accorto dove andava.
Un giallo che ancora a distanza di anni presenta tanti dubbi e tanti interrogativi su Massimo Bossetti, finora l’unico indiziato come colpevole della morte di Yara Gambirasio.