"Viva i mafiosi". Le canzoni choc di Teresa Meranti

Le canzoni choc che inneggiano ai boss come Totò Riina e invitano a sparare ai poliziotti definiti “pezzenti”. Anche la musica si piega ai comandi mafiosi

"Viva i mafiosi". Le canzoni choc di Teresa Meranti

Siamo un Paese di mafiosi? I giornali esteri dicono di si e viene da pensare che abbiano ragione se pure la musica si piega ai diktat criminali. È il caso di Teresa Merani, cantante calabrese finita al centro delle polemiche per un brano dedicato al boss Rocco Castiglione, capo della ndrangheta. La canzone si intitola U latitanti, ed tutto un programma. 

Così come è tutto un programma il testo che recita: “Una luce fioca inizia a lampeggiare, fuggite giovanotti questa è la polizia, sparate a tutta forza verso quella brutta compagnia. Si stanno avvicinando con il mitra in mano ma non abbiate paura, sono solo quattro pezzenti. Noi siamo i latitanti noi siamo i più potenti”. 

Un vero e proprio inno alla mafia e un invito a sparare addosso ai poliziotti, considerati dei pezzenti. U latitanti non è l’unica canzone che la Merani ha scritto ispirandosi alla vita, alla storia e alle gesta dei capi mafia. Nel 2018, pubblicò un singolo intitolato “Il Capo dei Capi”, dedicato a Totò Riina, il boss dei Corleonesi che negli anni Novanta ordinò la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Il testo della canzone descrive Riina come di un uomo rispettabile, elogiando le sue azioni e i suoi innumerevoli delitti. La Merante, che conta su Facebook 88 mila followers, nelle sue canzoni ha più volte inneggiato alla liberazione dei detenuti in Italia, soprattutto di quelli appartenenti a mafia, camorra e ndrangheta.

Organizzazioni criminali che basano il loro successo non solo sulla forza economica che dispongono, ma anche sul consenso sociale che vantano, soprattutto nell’Italia meridionale, una terra che cerca di riscattarsi dalla violenza ma che deve fare i conti ogni giorno con personaggi che tifano per i mafiosi, come se fossero degli eroi da imitare e non dei delinquenti da condannare e rinchiudere nelle patrie galere.

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