L’episodio che ha coinvolto Veronica Abaza, 64 anni, ha scosso la comunità di Gela, in provincia di Caltanissetta. La donna, di origini rumene, è stata rinvenuta senza vita il 17 settembre nella sua abitazione nel centro cittadino. Inizialmente, il compagno della donna aveva sostenuto che quella sera Veronica fosse tornata a casa ubriaca, chiedendo aiuto per camminare, e che successivamente si fosse messa a letto e non si fosse più svegliata. Questa versione, tuttavia, è stata rapidamente confutata dai rilievi investigativi e dalle testimonianze raccolte dai carabinieri.
Il corpo della donna presentava numerosi lividi e segni evidenti di violenz@. L’autopsia ha confermato che il decesso non era dovuto a un sinistro domestico, ma a un «grave politrauma cranico-encefalico e toraco-addominale chiuso, condizionante una insufficienza cardiaca». Le lesioni sono state provocate dalla «azione violenta di terzi», con pugni, calci e urti della testa contro una struttura rigida, mentre sul torace e sull’addome sono stati rilevati meccanismi di compressione e schiacciamento.
Secondo il provvedimento cautelare, l’@ggressore avrebbe anche sormontato a cavalcioni la vittim@ durante l’azione. Le indagini hanno portato all’arresto del compagno quarantenne della donna, anch’egli di origini rumene. Le testimonianze raccolte dai carabinieri hanno rivelato che la violenz@ era un fenomeno ricorrente nella coppia. La donna, infatti, aveva subito in passato lesioni provocate dal compagno, mai denunciate per timore di ritorsioni.
Questi episodi precedenti hanno permesso agli investigatori di ricostruire un quadro più chiaro del contesto familiare e della natura del rapporto tra la vittim@ e l’indagato. Il provvedimento di arresto, eseguito lunedì 6 ottobre su richiesta della procura, è scattato dopo un’attenta analisi dei fatti e dei rilievi medico-legali. La sequenza di violenze documentate ha reso evidente che l’evento non era il risultato di una tragic@ fat@lità, bensì di un’@ggressione prolungata e sistematica da parte di chi avrebbe dovuto essere il suo compagno.
Questo caso evidenzia ancora una volta quanto sia fondamentale intervenire tempestivamente in situazioni di violenz@ domestica, anche quando le vittime esitano a denunciare per timore di ritorsioni. La vicenda di Veronica Abaza sottolinea la gravità delle conseguenze quando la violenz@ rimane nascosta e non contrastata. L’arresto del compagno rappresenta un passo importante per la giustizia, ma non cancella il dolore della comunità e della famiglia della donna, lasciando un monito sulla necessità di attenzione e protezione per chi si trova in situazioni di vulnerabilità all’interno delle mura domestiche. Veronica Abaza non ha perso la vita per una coincidenza, ma a causa della brutalità inflitta da chi avrebbe dovuto rispettarla e proteggerla, e la vicenda mette in luce l’urgenza di misure concrete per prevenire simili episodi.