Verbania, fermate tre persone per la strage della funivia sul Mottarone

L'impianto è gestito dalla Ferrovie Mottarone S.r.l. e risultano indagati il proprietario della ditta, il direttore e il capo operativo del servizio. Il freno, secondo la Procura, sarebbe stato manomesso per evitare disservizi. I tre lo avrebbero ammesso.

Verbania, fermate tre persone per la strage della funivia sul Mottarone

C’è una svolta nelle indagini sul caso del crollo di una cabina della funivia Stresa-Mottarone avvenuto domenica scorsa 23 maggio. Ieri è stata una giornata particolarmente concitata e intensa. Presso la caserma dei carabinieri di Stresa (Verbania) sono state ascoltate infatti decine di persone.

Le indagini hanno cominciato a prendere una piega ben precisa intorno a mezzanotte, quando in caserma è arrivato Luigi Nerini, proprietario della ditta che gestisce l’impianto di risalita, la Ferrovie Mottarone S.r.l. Secondo quando si apprende dai media locali e nazionali, nonché dalla stessa Arma dei carabinieri, l’uomo, insieme al direttore e al capo del servizio, avrebbero ammesso di aver manomesso il freno d’emergenza per evitare disservizi. I tre sono stati ascoltati alla presenza dei rispettivi avvocati di fiducia.

Dalle indagini è emerso che già sabato scorso, il giorno prima della tragedia quindi, la funivia aveva avuto dei problemi. L’impianto era stato riaperto il 26 aprile scorso, dopo la fine del lockdown anti pandemia. In questo periodo sarebbero stati diversi anche gli episodi di malfunzionamento, per cui sono stati puntualmente chiamati gli addetti alla manutenzione, che però avrebbero risolto solo in parte il problema. “Il freno non è stato attivato volontariamente? Sì, sì, lo hanno ammesso” – queste sono le parole del comandante dei carabinieri di Stresa, Alberto Cicognani. L’uomo è stato intervistato durante la trasmissione “Buongiorno Regione” andata in onda su Rai 3. Nel crollo della cabina sono morte 14 persone, inclusi due bambini.

La pm: “Quadro fortemente indiziario”

Secondo quanto riferiscono dalla Procura di Verbania, nei confronti degli indagati ci sarebbe un quadro che viene definito “fortemente indiziario”. A confermarlo è la stessa procuratrice, Olimpia Bossi. Per gli inquirenti, il “forchettone”, ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso.

Era da più giorni che la funivia viaggiava in questo modo e uno degli interventi di manutenzione era stato effettuato lo scorso 3 maggio. “Nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo, si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito fatale” – così informa la procuratrice Bossi.

Nelle prossime ore la Procura dovrebbe ascoltare altre persone, anche perché le indagini sono ancora all’inizio. Non si esclude che già nelle prossime ore possa essere convalidato il fermo degli attuali tre indagati. Adesso si dovrà confermare quanto emerso in sede di interrogatorio ed effettuare le perizie tecniche anche sulla cabina. Gli indagati, dal punto di vista giuridico ed economico, avrebbero avuto la possibilità di intervenire sull’impianto. Secondo gli sviluppo dell’inchiesta, e da quanto si apprende dall’Ansa, non l’avrebbero fatto. Sui tre indagati pendono le accuse di omicidio colposo plurimodisastro colposo con messa in pericolo della sicurezza dei trasporti e lesioni gravissime

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