Venezia: Miriam De Giovanni muore a 25 anni, ma poteva essere salvata

Una malattia genetica non considerata al momento della crisi respiratoria accompagnata da stanchezza ha ucciso Miriam De Giovanni. La famiglia ha chiesto chiarezza.

Venezia: Miriam De Giovanni muore a 25 anni, ma poteva essere salvata

Aveva l’apparenza di una brutta influenza e come tale doveva essere curata secondo i medici del Pronto Soccorso. Ma gli antibiotici non sono bastati a curare la crisi respiratoria che il 29 ottobre ha ucciso la giovane Miriam De Giovanni, residente nel quartiere veneziano di Cannareggio.

La diagnosi esatta, che avrebbe potuto salvare la venticinquenne, è arrivata troppo tardi. Miriam soffriva di “una patologia ereditaria e congenita, il deficit di antitrombina terza”, si legge nel Gazzettino online. La giovane era stata ricovera e dimessa dall’ospedale civile che aveva suggerito altri esami per approfondire la situazione. Non c’è stato il tempo, e qualche giorno dopo un’embolia polmonare massiva l’ha uccisa. 

Il parere degli esperti

È successo tutto tanto in fretta, e per questo la famiglia De Giovanni, lasciata con tanti interrogativi, ha chiesto aiuto agli avvocati Augusto Palese e Niccolò Bullo perché dessero loro delle risposte sulla morte della figlia venticinquenne. 

I due avvocati di famiglia hanno incaricato il medico legale Gianni Barbuti e lo specialista anatomopatologo Bruno Murer ad esaminare il caso e ad esprimere il loro parere. In un fascicolo di 40 pagine, i due esperti hanno espresso il parere di una diagnosi troppo tempestivacaratterizzata da un orientamento errato, con un conseguente ritardo diagnostico e terapeuticoscrive il Gazzettino.

Al momento del ricovero, la situazione della giovane era stata segnalata. In pressreader.com si legge che il deficit di antitrombina terza è “il più potente inibitore fisiologico“, visto che nella sua attività “combatte la coagulazione del sangue” portando con sé la conseguenza di possibili “pericolosi trombi“.  Così i due esperti chiamati a dare il loro parere hanno chiuso la relazione parlando di una “pacifica sussistenza di responsabilità medica in capo alla struttura sanitaria che ebbe in cura Miriam“, scrive Gazzettino online.

La crisi respiratoria e la fiacchezza lamentate della giovane non sono state lette alla luce della malattia genetica che portava con sé, e così l’orientamento errato avrebbe causato un ritardo diagnostico e di conseguenza terapeutico, in luogo delle cure che avrebbero dovuto salvare la paziente. La relazione sarà presto in mano all’azienda sanitaria: gli esperti si dicono disponibili a una verifica collegiale. Ciò che la famiglia desidera è che fatti simili non accadano mai più.

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