Vajont, 50 anni fa la tragedia

Oggi è il 50esimo anniversario del disastro che causò oltre 1900 vittime. Napolitano: "Non fu una fatalità"

Vajont, 50 anni fa la tragedia

Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963, quando un’enorme frana si staccò dal monte Toc sopra Longarone e piombò nell’invaso artificiale della diga del Vajont. La diga resistette all’urto, ma l’ondata d’acqua e di detriti (pari a cinquanta milioni di metri cubi) che fuoriuscì si riversò nella valle radendo al suolo sette paesi, Longarone, Pirago, Maè, Rivalta, Villanova, Faè, Codissago e Castellavazzo e portandosi via 1910 vite umane. Lo scenario che si presentò ai soccorritori fu impressionante. Non c’era più niente, l’acqua si era portata via tutto.

E nel giorno del 50esimo anniversario di questa tragedia che è ancora avvolta da molte ombre, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ribadisce esplicitamente che il  disastro non fu una fatalità, ma un errore umano. “La memoria del disastro che il 9 ottobre 1963 sconvolse l’area del Vajont suscita sempre una profonda emozione per l’immane tragedia che segnò le popolazioni con inconsolabili lutti e dure sofferenze. Il ricordo delle quasi duemila vittime e della devastazione di un territorio stravolto nel suo assetto naturale e sociale induce, a cinquant’anni di distanza, a ribadire che quell’evento non fu una tragica, inevitabile fatalità, ma drammatica conseguenza di precise colpe umane, che vanno denunciate e di cui non possono sottacersi le responsabilità”.

Sulla stessa linea del presidente della Repubblica è Pietro Grasso, presidente del Senato, presente a Longarone per rappresentare lo Stato nelle cerimonie di commemorazione. “Questo disastro si sarebbe evitato se una maggiore considerazione della vita umana avesse prevalso su interessi economici e strategici. Non si possono sottacere le pesanti responsabilità umane che hanno determinato la catastrofe”.

Pietro Grasso ha poi ricordato le parole di Tina Merlin che parlò di “un genocidio” e fece un richiamo alla giustizia e ai colpevoli di assumersi “le responsabilità di quanto hanno fatto”. “Ci sono voluti decenni di processi, le condanne, i risarcimenti ma la giustizia, in questa valle, ancora non ha trovato piena cittadinanza. Molti sono i punti ancora da chiarire, molte le responsabilità ancora non emerse, tante le domande che ancora oggi cercano risposta. E finché non arriveremo a una verità, finché non si sarà fatta piena luce su ogni aspetto di questa tragedia, non potremo trovare pace”.

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