Prima a Brancaccio, Palermo dove don Pino Puglisi ventiquattro anni fa, 15 settembre 1993, ha dato la vita, ora la ritroviamo a Bovalino e a San Luca, cuore della Locride, al fianco delle madri che, pur di sottrarre alla faida i figli, li mandano all’estero, perché restare significa obbligatoriamente schierarsi da una parte o dall’altra, con armi in pugno.
Stiamo parlando di suor Carolina Iavazzo, una 66enne dallo sguardo sorridente come quello di don Puglisi, di cui era collaboratrice, ma anche confidente e amica. Da don Pino ha preso il sorriso e l’idea fissa di cambiare le cose a partire dai bambini, come lei stessa racconta: “Qui accogliamo anche i figli delle famiglie coinvolte direttamente nella faida, quella che ha provocato decine di morti in trent’anni, quella conclusa nella strage di Duisburg, che fece sei giovanissime vittime in Germania. All’inizio è stata dura, i ragazzi non si sedevano vicino, non giocavano insieme. Ora non li riconosci più, giocano e studiano fianco a fianco“.
Questi figli vengono accolti in tre stanze semplici, ma colorate di vita, nel Centro “Padre Pino Puglisi” che consiste in una palazzina, all’interno un salone di incontri con appesi alle pareti grandi cartelloni che esplicitano le regole di comportamento, intorno alla palazzina dei container prefabbricati dono proveniente dal Trentino Alto Adige. Qui, suor Carolina Iavazzo vive con altre due religiose, suor Marianna e suor Francesca: la Fraternità è chiamata del Buon Samaritano. Accanto al complesso, c’è un campetto da calcio, unica struttura del genere nel raggio di alcuni chilometri.
Il Centro, come racconta la suora, è iniziato nel 2005: allora erano due povere stanze, per le quali le religiose pagavano l’affitto. Poi, grazie a un finanziamento Pon Sicurezza, nel 2007, il Centro ha preso l’attuale fisionomia. La fraternità è povera: un solo stipendio, il suo, di insegnante, le altre suore non hanno reddito, la decina di educatori può avere un gettone di presenza, solo se i progetti sono finanziati.
La religiosa racconta che ciò che più l’ha fatta soffrire in questi anni è stata la morte di Francesco, nella strage di Duisburg, in Germania. L’ex alunno era vittima di bullismo a scuola, lei lo difendeva. La mamma ha avuto il coraggio di perdonare. Grande soddisfazione prova, invece, nel vedere che i ragazzi crescono bene: uno in particolare, affidato dai servizi sociali anni fa, ora è educatore, attento e responsabile.
Alla domanda se non tema ritorsioni, suor Carolina risponde con le parole di don Pino: “Che cosa possono farmi? Se non hai paura non possono farti niente“.