Trovarono reperto nel giardino dietro la chiesa e lo consegnarono a un museo: denunciati

Due anziani alcuni anni fa avevano rinvenuto un'ancora romana di piombo dietro l'abside di San Domenico e l'hanno consegnata a un museo per preservarla. Ma furono successivamente accusati di aver violato leggi archeologiche italiane.

Trovarono reperto nel giardino dietro la chiesa e lo consegnarono a un museo: denunciati

Nel corso di un convegno tenutosi a Palazzo Grassi, patrocinato dal Comune e dedicato alle Giornate europee del Patrimonio, si è riaperto il dibattito sulle leggi archeologiche italiane alla luce di un caso emblematico: l’ancora romana di piombo rinvenuta una decina d’anni fa dietro l’abside di San Domenico. Questo reperto, anziché essere ignorato, è stato consegnato in fretta e furia a un’istituzione museale da due anziani, il sagrestano volontario ultraottantenne Giuseppe Nordio e l’amico ex operaio Montedison Renzo Marchesan, pensionato da una decina d’anni. Tuttavia, il procedimento avviato nei loro confronti si è definitivamente estinto a causa della loro scomparsa, lasciando dietro di sé importanti questioni da risolvere.

Il cuore della controversia risiede nelle norme italiane che stabiliscono che i materiali d’interesse archeologico, indipendentemente dal luogo del rinvenimento, appartengono allo Stato, e pertanto nessuno li deve toccare. I due stimati collaboratori della parrocchia rinvennero l’ancora scavando l’orto retrostante la chiesa. Secondo la legge, essi avrebbero violato alcune norme risalenti agli anni Trenta.

L’innocenza di Nordio e Marchesan era divenuta evidente negli ultimi anni, ma il fatto stesso del procedimento giuridico contro di loro ha sollevato dubbi sulle leggi archeologiche italiane. Luciano Bellemo, storico presente all’evento in veste di curatore del campanile museo di Sant’Andrea, ha sottolineato la necessità di rivedere tali normative: “Le vecchie leggi promulgate per cessare il traffico dei tesori archeologici, tutt’altro che prive di controindicazioni, sono da rivedere. Questo vale soprattutto per quel che viene recuperato dal mare. Nel caso delle ancore di piombo, peggio che peggio. Spesso, queste ancore, finite nei ramponi utilizzati per la pesca, sono state fatte a pezzi e vendute come piombo da fondere“.

Bellemo ha inoltre evidenziato come la normativa non incentivi affatto i comportamenti virtuosi da parte dei pescatori che potrebbero rinvenire reperti archeologici, spiegando che, data la burocrazia e la scarsa visibilità dei reperti, molti preferiscono non segnalare i ritrovamenti. Questo aspetto va considerato anche per i reperti trovati in altri contesti, come l’ancora in questione, recuperata dal terreno dove qualcuno l’aveva sotterrata.

Pierdomenico Pregnolato, membro della Commissione territorio dell’Ordine degli ingegneri del Veneto e della Commissione di Salvaguardia all’epoca dei fatti, ha condiviso queste preoccupazioni: “La cultura e la storia non si tutelano mettendo in difficoltà la gente o confinando gli oggetti ritrovati all’interno di magazzini inaccessibili“. 

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