Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna ha comunicato la decisione di rigetto dell’istanza di scarcerazione per gravi motivi di salute, presentata dai legali del boss di Cosa Nostra Totò Riina, motivando la decisione con il fatto che il detenuto è curato in maniera eccellente e non troverebbe posto migliore per le sue cure mediche.
La decisione del giudice Ignazio De Francisci è stata presa in considerazione del fatto che la struttura ospedaliera in cui è attualmente ricoverato il boss mafioso a Parma, assicura la tutela al diritto alla salute – sia quella fisica che psichica – del detenuto, condizione necessaria sottolineata dai giudici di Cassazione nel recente rinvio per nuova decisione al Tribunale di Sorveglianza e che aveva creato tanto clamore e indignazione di buona parte dell’opinione pubblica nazionale.
Ad orientare i giudici in questa direzione sono stati anche diversi dialoghi tra Salvatore Riina e la moglie Ninetta Bagarella nel febbraio scorso, durante i quali il boss mafioso ha detto “io non mi pento“, aggiungendo poi “a me non mi piegheranno mai“. Sembra che il carcere non faccia paura al capo di Cosa Nostra, tanto da portarlo a dire che si farebbe perfino 3000 anni di carcere, pur di non chiedere niente a nessuno, cioè di non ammettere i suoi efferati crimini.
I giudici nella loro decisione hanno puntato il dito sul fatto che Riina non è intenzionato a cambiare la sua posizione, così come – stando ad altre conversazioni registrate dagli uomini delle forze dell’ordine – le affermazioni dei coniugi Riina in cui affermano che i pentiti sono pagati per depistare le indagini, dichiarando fatti falsi e fantasiosi.
Dunque i giudici di Bologna ritengono ancora Riina pericolosa socialmente, lucido a tal punto da poter nuovamente intervenire nelle logiche mafiose di Cosa Nostra. La decisione del Tribunale di Sorveglianza arriva nel giorno in cui è stato inferto in Sicilia un duro colpo al clan Riina, grazie alla confisca di numerosi beni immobili, così come 38 depositi bancari, utilizzati anche per pagare i famigliari di alcuni detenuti vicini al clan.
La notizia del rigetto dell’istanza di differimento della pena o di detenzione ai domiciliari, così come quella della confisca di alcuni beni del clan del boss arrivano nel giorno di commemorazione della strage di Via D’Amelio a Palermo, dove ricordiamo nel 1992 vennero barbaramente uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta.