Torturò e uccise il cane della ex, pubblicando il video online: animalisti in piazza contro Gaetano Foco

Nel 2015 Gaetano Foco seviziò ed uccise Pilù, il pincher della sua ex, pubblicando il video delle sevizie online. L'associazione Animalisti italiani ha organizzato una manifestazione: "Ci piacerebbe vedere in carcere il responsabile di questo gesto"

Torturò e uccise il cane della ex, pubblicando il video online: animalisti in piazza contro Gaetano Foco

Per vendetta nei confronti della sua ex ragazza, seviziò per ore e poi uccise Pilù, la cagnolina della ex, riprendendo tutte le brutali torture e pubblicando poi il video online per far soffrire ancora di più la sua ex compagna. Per questo orribile atto, compiuto nel maggio del 2015 a Pescia, in Provincia di Pistoria, inizia ora il processo a Gaetano Foco.

Pilù era una piccola Pincher che ha subito una fine orribile dopo ore di sevizie. Nel video, ripreso dallo stesso Foco, l’uomo inizia scaraventando più volte il piccolo animale contro il muro. Poi prende un pennarello e lo infila prima con violenza nell’ano della cagnolina facendolo roteare e poi in gola.

Settimane dopo aver ucciso il cane, l’uomo pubblicò il video online. Del caso si occupò anche Le Iene di Italia 1 e dopo la diffusione della notizia l’abitazione del giovane per alcuni giorni fu assediata dai cittadini. Foco non si è mai pentito del suo gesto, ed ha denunciato le associazioni animaliste che sono insorte in difesa della memoria del piccolo animale.

L’associazione Animalisti italiani si è costituita parte civile nel processo, ed ha organizzato per lunedì una manifestazione a Pistoia. “Come associazione chiediamo un risarcimento del danno e ovviamente la condanna dell’imputato“, spiega l’avvocato dell’associazione Filippo Querci. Foco dovrà è accusato di maltrattamento di animali “spinto da futili motivi riconducibili alla volontà di vendicarsi di presunti torti subiti dalla fidanzata, reato punibile in Italia con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

Ci piacerebbe vedere in carcere il responsabile di questo gesto, come avverrebbe in America, in Francia e in Germania. In Italia questo non è possibile, ma vorremmo che almeno abbia il massimo della pena pecuniaria e che faccia qualche mese di servizio civile“, commenta il Presidente dell’associazione Walter Caporale.

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