Torna in libertà Antonino Marano, il “killer delle carceri”

Dopo 41 anni di detenzione penitenziaria ininterrotta il Tribunale di sorveglianza di Torino ha concesso la libertà, grazie al Decreto Svuotacarceri, ad Antonino Marano, meglio noto come "il killer delle carceri"

Torna in libertà Antonino Marano, il “killer delle carceri”

Antonino Marano nasce nelle campagne catanesi, da una famiglia modesta con la mamma casalinga ed un padre che con il suo lavoro da bracciante doveva sfamare cinque figli.

In questo contesto di precarietà Antonino compie i suoi primi furti: peperoni e melanzane per aiutare la famiglia, una bicicletta e successivamente una moto Motom 48 per poter essere al lavoro alle sei del mattino. Sembrano piccoli reati ma segnano l’inizio di una storia giudiziaria che definire travagliata è riduttivo perché come afferma lo stesso Antonino “mi sono spianato la strada alla mia rovina, però i mali che ho fatto alla società libera sono stati solo questo: i peperoni, la bicicletta e il Motom”.

Ed in effetti è in carcere che Antonino diventa un assassino. Le tre condanne per i furti degli ortaggi, della bicicletta e della moto si sommano in una condanna ad 11 anni che Marano comincia a scontare nel 1966, quando è già sposato ed ha due figli. Esce nel 1971, il tempo di fare la terza figlia e rientra in carcere pe scontare gli ultimi 16 mesi che si sono poi trasformati in 41 lunghissimi anni.

Durante la detenzione è coinvolto in risse e rivolte, in una escalation di violenza che lo porta a due condanne per omicidio e due per tentato omicidio che si tramutano in quasi mezzo secolo di detenzione e gli attribuiscono l’appellativo di Killer delle carceri.

Il primo omicidio avviene nel carcere di Catania “per difendere mio fratello da un accoltellamento”, poi seguirono i due tentati omicidi ed infine il secondo omicidio, nel carcere di Potenza, ai danni di “un casalese perché aveva violentato due detenuti calabresi e io li ho vendicati”. 

Ma la storia giudiziaria di Antonino Marano non finisce qui perché in questi 41 anni è stato coinvolto, chiamato in causa dai pentiti, nei casi di cronaca più eclatanti della storia italiana: Brigate Rosse, mafia, caso Tortora, sequestro Soffiantini, proclami di Curcio e caso Epimonda (durante il processo al re delle bische lombarde Marano lanciò una bomba carta verso le gabbie degli imputati colpevoli, a detta del Marani, di aver tentato di ucciderlo).

Oggi però il protagonista di questa assurda storia è un uomo diverso, un uomo «pienamente, totalmente, indiscutibilmente riabilitato», per dirla come Giovanna Gioia, storica volontaria dell’Asvope di Palermo che si è prodigata per fargli avere il primo permesso, due anni fa, di 48 ore. Ora grazie al Decreto Svuotacarceri Antonino è libero ed afferma “se potessi tornare indietro cancellerei tutto, ma dentro il carcere mi sono trovato in mezzo agli animali e alla fine sono diventato animale anch’io, che ho sempre odiato la violenza. So che è difficile credermi, ma è così”.

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