Esattamente 32 anni fa veniva uccisa a Torino la giovanissima Giorgia Padoan, 21 anni. Si tratta della studentessa dell’Ateneo Magistero di Torino che venne trovata senza vita in casa sua dalla madre, dopo che quest’ultima tornò da lavoro. Intorno alle 14:00 di quel giorno venne lanciato l’allarme. Giorgia era distesa seminuda sul divano, ormai esanime. Sul suo corpo gli investigatori trovarono tracce di violenza e il killer le strinse il collo con qualcosa di molto forte e robuso, ovvero una catena di bicicletta.
Sin da subito fu chiaro agli inquirenti che non si era trattato di una rapina finita male, ma di un omicidio. Il delitto avvenne forse a causa di un approccio sessuale non corrisposto da parte della ragazza al suo assassino. Il killer quella mattina si sarebbe presentato normalmente a casa di Giorgia, i due molto probabilmente si conoscevano, per cui la Padoan sentì suonare il campanello e andò ad aprire, indossando soltanto delle lenti a contatto. Una volta che l’aggressore entrò in casa la ragazza preparò due caffè, uno per lei e un per il suo ospite.
La violenza e il delitto
Ed è proprio a quel punto che succede qualcosa, forse l’avances sessuale da parte dell’assassino. Giorgia cerca di tirarsi indietro, poi il killer la uccide e la lascia esanime sul divano. Nella colluttazione tra, i due del caffè cade sul pavimento, caffè che poi l’assassino calpesta lasciando l’impronta delle sue scarpe, un modello carroarmato numero 44.
Gli inquirenti passano al setaccio tutta la vita di Giorgia. Guardano il suo diario, in cui non compare nulla di anomalo, se non il nome del ragazzo di cui era innamorata. Le forze dell’ordine e la magistratura si mettono sulle sue tracce, ma su di lui non trovano nulla. Nessun alibi. Fino a quando sulla linea telefonica del papà di Giorgia arriva una telefonata che potrebbe segnare la svolta del caso. Potrebbe appunto.
“Sono stato io a uccidere. Non volevo farlo, ma l’ho fatto. Vado in questura a costituirmi” – così diceva il presunto assassino. Il padre sin da quel giorno, insieme alla madre di Giorgia, da cui è seperato, cerca di trovare la verità. Una verità che potrebbe essere proprio in quella chiamata. Dopo 25 anni è spuntato anche il nome di un indagato, un professore universitario ed ex studente dell’Ateneo Magistero. Pare che la sua voce coincidesse con quella sentita al telefono dal padre di Giorgia.
Ma quell’uomo, assieme ai suoi legali, si presentò in Procura affermando di non aver mai conosciuto Giorgia e che il giorno del delitto non aveva preso permessi o ferie. Era a lavoro, come ogni giorno e tra l’altro si presentò al pm titolare dell’inchiesta dicendo di soffrire di cuore e di non poter subire nessuna emozione particolare per la sua patologia . Da lì in poi ogni speranza di acciuffare l’autore di questo macabro delitto sembra svanita nel nulla. Giorgia i suoi genitori non la riavranno più, lui invece è ancora a piede libero.