Si è appena concluso con una condanna il processo che, presso la prima corte penale del tribunale di Torino, ha visto coinvolta una madre, ora di 55 anni, per aver favorito, anni fa, un rapporto sessuale tra il suo giovane amante, diciottenne, e la figlia, allora di appena 13 anni, con la motivazione di evitare che quest’ultima diventasse lesbica.
I fatti risalgono al 2008, quando la ragazzina aveva 13 anni, e viveva assieme alla madre, separata dal marito, dal quale aveva avuto altri due figli: con le due viveva, nel medesimo appartamento, anche l’amante della signora, un ragazzo di appena 18 anni. In quel periodo, secondo le dichiarazioni fatte in aula dalla scellerata genitrice, la ragazzina passava molto tempo con le amiche, e questo l’aveva indotta a temere che sarebbe diventata lesbica, avendo anche sospettato una relazione della tredicenne con una ragazza: ciò avrebbe portato la donna a manipolare il suo amante, decisamente infatuato del suo fascino di “femme fatale”, ed indurlo ad andare a letto con la figlia.
Il pubblico ministero, che aveva già ottenuto (con patteggiamento) la condanna del ragazzo a 10 mesi per violenza sessuale, aveva chiesto 7 anni e 3 mesi per la genitrice, più alcune pene accessorie, come la revoca della potestà genitoriale e l’interdizione della donna dallo svolgere qualsivoglia lavoro con i minori.
Il difensore dell’imputata, viceversa, puntava sulle attenuanti, in base alle dichiarazioni della donna che, a suo dire, non si aspettava che i due andassero oltre il bacio, tanto più che lui sembrava un bravo ragazzo, non in cerca di sesso, e con un divario d’età tutto sommato accettabile (posto anche che tra lei e l’ex marito vi sono 7 anni di differenza).
Il risultato è stato una via di mezzo: confermate le sanzioni accessorie, per la capacità manipolatoria della donna, la pena comminatale per il reato di concorso in atti sessuali con minorenne le è stata ridotta a 4 anni e 6 mesi di carcere.