Una storia tipicamente italiana: l’odioso accanimento contro i deboli, il rispetto pedissequo delle regole solo richiesto ad alcuni, ai dimenticati. La signora Giuseppa Fattori, nata a Fiastra, sulle montagne in provincia di Macerata, ha 95 anni: la burocrazia, nella sua devastante caratteristica cancerogena, ha deciso di sfrattarla con l’accusa di abuso edilizio. La sua casa dopo il terremoto era distrutta, e i familiari, angosciati per la povera signora, avevano deciso di cercare una soluzione.
Il sequestro era stato concordato per lunedì pomeriggio, ed è stato anticipato ieri mattina, perché il tribunale di Macerata non perdona: le sono stati concessi 15 giorni di tempo per trasferirsi. Verranno apposti i sigilli alla casetta, e poi verrà demolita: i compaesani hanno creato il comitato “Salviamo Peppina”.
Gabriella Turchetti, una delle figlie dell’anziana donna, dopo il terremoto aveva portato la madre a Castelfidardo, poi era andata a Civitanova dall’altra figlia: Giuseppa, estremamente attaccata alla propria terra, non riusciva a dimenticare Fiastra. Pur di rimanere, ha scelto di vivere in un container, che avevano acquistato dopo il terremoto del 1997, privo di acqua, luce e servizi igienici. Le figlie, straziate, si sono attrezzate per fornire al container tutti i servizi.
La sua salute era prossima alla compromissione, e le figlie le hanno fatto costruire una casetta di 70 metri quadri in legno, nel terreno edificabile, prossimo alla casa natia sempre di loro proprietà: i familiari hanno fatto domanda in Comune, ed effettuato la perizia geologica, chiesto aiuto all’ente del Parco dei Sibillini, per poi depositare il progetto per la legge antisismica. Conclusi i lavori ad agosto, hanno chiesto la concessione edilizia al sindaco Claudio Castelletti, che ha emesso un’ordinanza per bloccare il cantiere abusivo mentre un controllo dei carabinieri forestali ha scovato il tremendo illecito facendo scattare la segnalazione alla procura di Macerata.
“Se aggiustassero la mia casa, io tornerei lì“, ha detto l’anziana signora. “In quella casa con mio marito ho vissuto per 75 anni: sono entrata che non avevamo i piatti per tutti, e alla fine non sapevamo più dove metterli” ha aggiunto, raccontando che lei e il marito hanno sempre lavorato, anche la domenica, per far studiare le figlie, e con dolore ha confessato che alla sua età non ha più nulla, in questa casetta non ha le sue cose, ma almeno è vicina alla sua casa. “Mi sento morire se penso di dover andare via, e dove poi? Non c’è un altro posto per me. In questa casetta non sento più nemmeno le scosse, mi sento sicura. Io voglio morire qui“.
L’avvocato Bruno Pettinari spiega che, per salvare la signora Peppina, occorrerebbe un intervento della Regione, una sanatoria: aveva le carte in regola per costruirsi la casetta, e semplicemente non ha aspettato i tempi lunghi della burocrazia. Burocrazia che attende la tua morte prima di donare l’agognato consenso.