Il mattino del 27 ottobre 2025 si è trasformato in un momento simbolico per la discussione sul rapporto tra giovani, scuola e forze dell’ordine. Davanti al liceo Einstein di Torino si è consumata una scena che presto avrebbe fatto il giro delle principali redazioni italiane: un ragazzo di appena 16 anni, studente dell’istituto, è stato fermato, ammanettato e portato via dalla Digos con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e violenz@ privata.
Il suo racconto, ripreso da La Stampa e da altre testate nazionali, è emblematico: “Mi sono avvicinato troppo alle persone che stavano volantinando, sono stato placcato da tre agenti. Non ho fatto nulla”. Il contesto della vicenda è quello del volantinaggio di gruppi di estrema destra davanti all’istituto, iniziativa che da tempo suscita tensioni tra studenti e attivisti politici.
In risposta, alcuni studenti — tra cui il ragazzo coinvolto — si sono avvicinati per manifestare la propria contrarietà. La situazione è precipitata quando le forze dell’ordine hanno deciso di intervenire con modalità che, dai video diffusi e dai resoconti dei presenti, sono apparse sproporzionate rispetto al comportamento degli studenti. Testimoni e genitori hanno denunciato che il giovane non stava minacciando né aggredendo alcuno, ma soltanto esprimendo dissenso in modo verbale.
La reazione della comunità scolastica e dei collettivi studenteschi non si è fatta attendere. Numerosi comunicati hanno criticato il “clima repressivo” che si sarebbe instaurato negli ultimi tempi attorno alle scuole torinesi, sottolineando come il diritto di manifestare pacificamente sia tutelato dalla Costituzione.
Diverse realtà di attivismo giovanile si sono strette attorno al ragazzo e alla sua famiglia, denunciando pubblicamente la “militarizzazione” degli ingressi scolastici e chiedendo chiarezza sulle ragioni che hanno portato la Digos ad agire con tanta rapidità e decisione. Sul piano legale, il giovane è stato formalmente accusato di resistenza a pubblico ufficiale e violenz@ privata. Sebbene la situazione si sia risolta con il rilascio, restano le incognite sul procedimento giudiziario e sul clima che si è venuto a creare attorno alle scuole italiane.
Il caso di Torino non è isolato: in altre città, episodi simili hanno visto il coinvolgimento di giovanissimi, spesso in seguito a semplici gesti di dissenso. Al centro della riflessione rimane il ruolo dei corpi di polizia nei luoghi dell’istruzione e il diritto degli studenti a esprimere le proprie opinioni senza rischiare conseguenze sproporzionate. L’episodio ha rinfocolato il dibattito sulla gestione dell’ordine pubblico durante le assemblee scolastiche e le iniziative politiche, troppo spesso affrontate con mezzi repressivi. Infine, rimane il messaggio della famiglia e degli insegnanti: “I giovani devono poter partecipare alla vita democratica senza paura”. Un monito che chiama tutti — istituzioni, forze dell’ordine, scuola e società civile — a riflettere su nuove modalità di dialogo, rispetto e tutela della libertà.