Telecamera nascosta nel bagno delle donne in caserma: carabiniere forestale indagato

La Procura ha formalmente chiesto il rinvio a giudizio per un carabiniere forestale, accusato del reato di interferenze illecite nella vita privata, una violazione grave che ha scosso l’ambiente militare in cui lavorava

Telecamera nascosta nel bagno delle donne in caserma: carabiniere forestale indagato

 Il protagonista della vicenda, oggi ricoverato nell’ospedale militare in attesa di sviluppi, è un carabiniere forestale in servizio in un comando dell’Abruzzo. Il suo destino è ora sospeso non solo in attesa della decisione del Gup sul rinvio a giudizio, ma anche di eventuali provvedimenti da parte della giustizia militare, che, secondo fonti investigative, sarebbe già stata formalmente informata dei fatti. Tutto è cominciato quando una collega, accedendo al bagno riservato alle donne in caserma, ha notato un oggetto insolito su uno scaffale. Era una microtelecamera una Go-Pro accesa e fissata con del nastro adesivo sotto un armadietto, posizionata in modo da inquadrare direttamente i sanitari.

Un’intrusione inaccettabile in uno spazio che dovrebbe rappresentare il massimo della riservatezza. Inizialmente incredula, la militare ha mostrato l’oggetto a un collega, ritenuto esperto in accessori tecnologici. È stato lui a confermare che si trattava di una telecamera perfettamente funzionante. Ma il colpo di scena è arrivato solo più tardi: la procura ha individuato proprio in quel collega “esperto” l’autore del gesto. Sarebbe stato lui a installare il dispositivo e, secondo l’accusa, a sottrarre con rapidità e destrezza la scheda di memoria per distruggere eventuali prove, non appena gli è stato mostrato il dispositivo.

Le indagini condotte dal Nipaaf (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale) hanno portato alla contestazione di tre reati: oltre alle interferenze illecite nella vita privata, si aggiungono l’alterazione del corpo del reato e il falso ideologico. In particolare, il carabiniere avrebbe rimosso e distrutto la scheda di memoria della microcamera per impedire l’accertamento dei fatti, e successivamente avrebbe redatto una relazione di servizio falsa, datata 25 maggio 2024, in cui dichiarava che la telecamera non era dotata di alcun supporto di registrazione.

Il capo di imputazione principale è chiaro: il sottufficiale, scrive il pm rapino, «installava una videocamera Go-Pro funzionante nel bagno delle donne in caserma, puntata verso i sanitari, ottenendo indebitamente immagini attinenti alla sfera privata e intima delle colleghe». Inizialmente, l’indagato avrebbe tentato di giustificarsi dicendo che la telecamera era sua e che l’aveva portata in caserma per riprese “istituzionali”, lasciandola incustodita su una scrivania. Solo più tardi, pressato dalle evidenze, avrebbe ammesso di aver prelevato la scheda di memoria quando gli fu mostrato il dispositivo.

Nel corso della perquisizione nei suoi spazi personali casa e ufficio sono stati trovati dei file ritenuti rilevanti ai fini dell’indagine. Non si tratterebbe, secondo quanto trapelato, di video registrati nel bagno della caserma, ma di materiale che potrebbe dimostrare un interesse pregresso verso simili dispositivi o contenuti. Ora la parola passa al giudice dell’udienza preliminare. Il caso, già di per sé grave, ha generato sgomento e indignazione non solo all’interno del corpo forestale, ma anche nell’opinione pubblica locale, che si interroga sulla fiducia e la sicurezza negli ambienti istituzionali.

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