Taranto, giustizia per il piccolo Lorenzo Zaratta: 9 dirigenti ex Ilva indagati per omicidio colposo

Si è chiusa l'inchiesta sulla morte del piccolo Lorenzo Zaratta, detto Lollo, morto di tumore al cervello a soli 5 anni. La procura di Taranto ha iscritto 9 dirigenti ex Ilva nel registro degli indagati.

Taranto, giustizia per il piccolo Lorenzo Zaratta: 9 dirigenti ex Ilva indagati per omicidio colposo

La storia del piccolo Lorenzo Zaratta, detto Lollo, è uno dei simboli della questione ambientale di Taranto. Tante volte abbiamo visto il suo papà, Mauro Zaratta, partecipare a numerose manifestazioni contro l’inquinamento nel capoluogo ionico e non si è mai arreso, per cercare di dare giustizia al suo bambino.

Si, perchè Lorenzo si è ammalato a soli 3 mesi dalla nascita ed è morto a 5 anni, il 30 luglio 2014, per un tumore al cervello. Ieri la giustizia, che non potrà ridarci in vita Lollo, ha comunque iniziato a fare qualche passo avanti. La procura di Taranto, infatti, ha chiuso l’inchiesta della morte del piccolo, dicendo che sono state le emissioni velenose dell’ex Ilva di Taranto a causare il decesso di Lorenzo.

Gli inquirenti hanno chiuso l’inchiesta sulle cause della malattia del bambino, notificando l’avviso di conclusione delle indagini con iscrizione nel registro degli indagati di 9 ex dirigenti ex Ilva, tra cui Luigi Capogrosso, che guidavano la fabbrica negli anni della gestione Riva, con l’accusa di omicidio colposo.

La motivazione dei pubblici ministeri

Secondo i pubblici ministeri Remo Epifani e Mariano Buccoliero, i dirigenti “consentivano la dispersione di polveri e sostanze nocive provenienti dalle lavorazioni delle Aree: Parchi Minerali, Cokerie, Agglomerato, Acciaierie e Gestione Rottami Ferrosi dello stabilimento siderurgico, omettendo l’adozione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali”. Parliamo di aree della fabbrica più impattanti ambientalmente.

Questo “avrebbe causato una grave malattia neurologica al piccolo Lorenzo Zaratta che assumeva le sostanze velenose durante il periodo in cui era nello stato fetale, che avrebbe così sviluppato una malattia neoplastica che lo conduceva alla morte”.

Ma come si è giunti a queste conclusioni? Grazie agli studi effettuati dai consulenti dell’avvocato Leonardo La Porta, che assiste la famiglia di Lorenzo. Sono stati loro a sostenere che nel cervello di Lollo c’erano “numerosi corpi estranei tra cui ferro, acciaio, zinco e persino silicio e alluminio”.

Le parole di Antonietta Gatti, fisica e bioingegnera

Antonietta Gatti, fisica e bioingegnere, che ha analizzato una serie di campioni biologici del piccolo Lorenzo, ha parlato di caso emblematico perchè la patologia tumorale del bambino si è resa manifesta nei primi mesi di vita, quando le esposizioni ambientali sono molto limitate se non quasi nulle stante lo stile di vita caratteristico dell’età.

Per la Gatti, la causa di una malattia così grave è da ricercare nell’esposizione della madre durante la gravidanza. Durante i 9 mesi di attesa, la mamma di Lorenzo ha lavorato nel quartiere Tamburi, a pochi metri dalle ciminiere e dalle emissioni nocive dell’Iva. Diversi membri della famiglia dei genitori sono morti per tumore e il nonno materno di Lollo lavorava proprio nello stabilimento siderurgico tarantino.

Il movimento “Giustizia per Taranto”

Secondo il movimento “Giustizia per Taranto”, le mamme possono trasmettere i veleni dello stabilimento siderurgico ai propri figli, che possono ammalarsi e morire per colpa dell’Ilva. Il movimento scrive: “Per la prima volta abbiamo un nome: per la prima volta nella storia della nostra città, i responsabili (all’epoca dei fatti) di alcuni reparti dello stabilimento siderurgico dovranno rispondere della morte di un bambino che sarebbe potuto essere il nostro, di un bambino che avrebbe avuto tutto il diritto di nascere sano, di giocare, di crescere e poi vivere la sua vita. Ma a Taranto questo non è possibile”. “Giustizia per Taranto” prosegue: “A Taranto si può nascere con una grave malattia legata all’inquinamento e poi morire per questo”.

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