Taranto, ex Ilva: flash mob dei genitori dei bimbi morti per dire "Stop veleni"

Genitori Tarantini-Associazione ETS hanno organizzato un flash mob per dire "Stop veleni" al grido: "Tutto l'acciaio del mondo non vale la vita di un solo bambino"

Taranto, ex Ilva: flash mob dei genitori dei bimbi morti per dire "Stop veleni"

Flash mob silenzioso organizzato a Taranto dai Genitori Tarantini-Associazione ETS al grido: “Tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un solo bambino”.

È quanto si legge sul grande striscione tenuto dai genitori delle giovani vittime di patologie che i loro parenti ritengono legate all’inquinamento di Taranto, nel corso del flash mob “silenzioso” sul ponte girevole.

La vicenda

I parenti delle piccole vittime, in molti casi bambini, sono vestiti di nero con una fascia bianca, “colore della purezza“, sul lato del cuore. “Per tutti i nostri piccoli e grani angeli“, si legge su un cartello, mentre su altri striscioni ci sono i volti delle piccole vittime con la scritta “Io non dovrei essere qui“.

I “colpevoli devono pagare”, si legge sulla pagina Facebook degli organizzatori che vogliono “affermare il diritto di vivere in una città libera dai veleni”. Condannati i proprietari, condannati i dirigenti e i politici, tranne qualcuno, condannati i tecnici. La corte d’Assise di Taranto il 31 maggio scorso ha chiuso con una sentenza il processo Ambiente Svenduto sul disastro ambientale, ormai non più presunto, provocato nel periodo 1995-2012 dalla fabbrica dell’acciaio durante la gestione, definita “criminale” dai pubblici ministeri, ad opera del gruppo Riva.

La corte d’Assise, presieduta da Stefania d’Errico, giudice a latere Fulvia Misserini, e sei giudici popolari, ha inflitto pesanti condanne ritenendo sostanzialmente valida la struttura accusatoria dei pm Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano. A vario titolo gli imputati erano accusati di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro, avvelenamento di sostanze alimentari, corruzioni in atti giudiziari, omicidio colposo e altre imputazioni.

Pene di 22 e 20 anni per i fratelli Fabio e Nicola Riva, all’ex responsabile della relazioni esterne del gruppo Girolamo Archinà 21 anni e mezzo, 21 all’ex direttore di stabilimento Luigi Capogrosso. La Corte ha ridotto le richieste dell’accusa che voleva 28 anni per Archinà, Capogrosso e Fabio Riva e 25 per il fratello.

Imprenditori, politici e uomini delle istituzioni sono stati messi in collegamento dalla procura tarantina. Così sono scattate le condanne per l’ex presidente della Regione, Nichi Vendola, a 3 anni e mezzo di reclusione a fronte di una richiesta di 5 anni, 3 per l’ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido (4) e per l’ex assessore provinciale all’Ambiente Michele Conserva (4). I legali degli ex proprietari del siderurgico hanno sempre sottolineato che i loro assistiti avrebbero rispettato le norme vigenti sull’ambiente e hanno presentato ricorso contro le condanne, sostenendo l’innocenza dei loro rappresentati.

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