Gli svizzeri, chiamati domenica alle urne, hanno espresso voto favorevole nel referendum che chiede l’introduzione di quote annuali per nuovi residenti, lavoratori frontalieri e richiedenti asilo politico.
La proposta, avanzata dal partito di destra dell’Unione Democratica di Centro (Udc/Svp), guidato da Toni Brunner, ha raccolto gran parte del consenso decisivo nei cantoni di lingua tedesca e nel Ticino (dove, con il 68,17%, si è raggiunta la più alta percentuale di sì), mentre ha prevalso il no nelle regioni francofone e nel Canton Zurigo, maggiormente filoeuropei. Secondo i dati definitivi, l’iniziativa è passata con un vantaggio di appena 19.516 schede, ottenendo 1.463.954 voti favorevoli, contro 1.444.438 voti contrari.
Si sono schierati a favore un totale di 17 cantoni su 26. Il risultato referendario introdurrà una nuova norma nella Costituzione elvetica, l’articolo 123, che permetterà di limitare il numero di permessi di dimora per stranieri, compresi i richiedenti asilo politico, con tetti massimi annuali e contingenti annuali. Ma la novità che più preoccupa i 65mila frontalieri italiani che ogni giorno si recano in Svizzera a lavorare, è quella contenuta nel terzo comma, che introduce tetti massimi annuali e contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un’attività lucrativa, stabiliti in funzione degli interessi globali dell’economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri.
Il risultato del referendum obbligherà, ora, il Consiglio federale svizzero a rinegoziare entro tre anni l’Accordo sulla libera circolazione delle persone, in vigore con l’Unione Europea dal 2002, e a sottoporre al Parlamento una proposta di attuazione. Non si è fatta attendere la reazione di Bruxelles: la Commissione europea, attraverso un comunicato del portavoce Olivier Bailly, ha espresso il proprio rammarico e ha dichiarato che esaminerà le implicazioni di questa iniziativa popolare sulle relazioni con la Svizzera.