Nell’Istituto della Congregazione delle suore collegine della Sacra Famiglia di via Evangelista di Blasi vigeva un regolamento ferreo che imponeva alle maestre che accettavano di lavorare all’interno della struttura con stipendi da fame. Una della maestre ha denunciato la vicenda dopo circa dieci anni durante i quali è stata costretta ad accettare compensi da fame e firmare buste paga di importi per quattro volte superiori: la maestra in questione infatti percepiva 300 euro al mese ma firmava una busta paga di 1200 euro.
La polizia giudiziaria della procura che ha avviato le indagini, ha accertato la veridicità dei fatti e ha appurato che il danno perpetrato nei confronti della maestra si aggira attorno ai 90 mila euro. La denuncia ha messo nei guai tre suore del Collegio di Maria al Borgo, una delle scuole elementari che dipende dalla sede di via Evangelista di Blasi: si tratta della madre superiora Angela Alaima, suor Stella, Carmela Oliva, suor Gemma, e anche la direttrice del collegio dell’Albergheria, Maria Alioto, suor Teresa, è risultata coinvolta nella vicenda.
Per le tre suore l’accusa è di estorsione, e Suor Teresa, direttrice del collegio, è già sotto processo davanti alla quinta sezione penale. La richiesta del legale della donna, Giuseppe Pipitone, di riconoscere la responsabilità civile della Congregazione è stata accolta, e la maestra si è costituita parte civile. Rischiano invece il processo le altre due suore, e dopo che la procura ha richiesto per tre volte l’archiviazione il giudice per le indagini preliminari Fernando Sestito ha dichiarato l’imputazione coatta delle due suore.
La maestra, sul compenso di appena 310 euro accettato a fronte di una busta paga più alta, ha dichiarato: “Ho accettato perché non avevo altra scelta e dovevo maturare il punteggio per poter insegnare nella scuola pubblica”. Per l’insegnante nel 2010 viene disposto il licenziamento senza preavviso perché vi erano meno alunni iscritti nella scuola.
Il legale donna, Pipitone, ha detto: “La mia assistita ha deciso di sporgere denuncia dopo il licenziamento anche perché è in quel momento che ha scoperto che il resto del suo stipendio finiva nelle tasche delle sorelle”. Dopo il licenziamento il compenso del trattamento di fine rapporto fu addirittura dimezzato. Diversa l’opinione di Nino Zanghi, che difende le suore, che è convinto di dimostrare l’estraneità delle sorelle alla vicenda.