Il Capitolo generale è un’esperienza di comunione e di grazia per tutto l’istituto, così come recita il tema dello stesso: “Amate per grazia, donne di misericordia”, mettendo in luce il carisma stesso della congregazione e verso dove vuole continuare a operare. L’essere toccata dalla misericordia è un dono della grazia che non si può tacere e provoca a guardare l’umanità, che cerca dignità e speranza, con occhi di fraternità e di tenerezza.
Racconta il Capitolo, che avviene ogni sei anni, sr Enrica Martello, segretaria dello stesso: “Quest’anno il capitolo è suddiviso in due fasi una prima di verifica del sessennio appena trascorso, elezione della superiora e del consiglio generale e discussione sugli orientamenti per il nuovo periodo. Una seconda fase, da fine luglio ai primi di agosto di studio e approvazione della bozza delle nuove Costituzioni alla quale stiamo lavorando già da due mandati“.
Le Costituzioni dell’ordine ora in uso erano state approvate nei primi anni ’80, dopo le revisioni degli anni ’70 richieste dal Concilio. Dopo oltre trent’anni è nata la necessità di rivedere i testi e di attualizzarli al contesto sociale e storico. Il tema della fraternità si è rafforzato anche per la percezione dell’internazionalità della Congregazione. Le suore elisabettine si trovano e provengano da diversi Paesi, una diversità culturale che si aggiunge a quella generazionale, sono le ricchezze della famiglia.
L’attenzione all’uomo resta per le suore elisabettine uno dei punti fermi, in particolare l’attenzione al povero in tutte le sue manifestazioni e per questo esse sono sempre attente a intercettare i bisogni che emergono dalla realtà in cui sono presenti e operano.
Il vescovo Claudio Cipolla, che ha presieduto all’elezione della nuova superiora generale sr Maria Fardin, nell’omelia, dopo aver richiamato all’importanza di essere presenza viva nella chiesa locale “ha consegnato l’impegno di essere comunità che testimoniano la bellezza del vivere insieme e l’armonia di persone che si vogliono bene. È questa la testimonianza di cui oggi il mondo ha bisogno, più che le opere da realizzare”.
In Italia le suore elisabettine sono attente alla questione degli immigrati, hanno dato delle strutture per ospitarli e due suore a Reggio Calabria hanno il compito di dedicarsi alle persone che sbarcano da noi, sono presenti all’OPSA, alle Cucine economiche, Casa Santa Chiara e in altre strutture educative e pastorali. Il loro lavoro in Kenya, in Sud Sudan in America Latina e in Terra Santa è rivolto ai bisogni primari l’educazione e il servizio sanitario, senza trascurare la presenza pastorale.
Resta per tutte chiaro che oggi non sono le opere a dire chi è la suora elisabettina, ma la testimonianza di una vita fraterna come dono di grazia del Signore.