Stop agli stipendi d’oro della RAI: il Senato approva i tagli

Il Senato ha approvato il tetto massimo per gli stipendi d'oro dei lavoratori RAI, fissando così la massima retribuzione annuale a 240.000 euro. Dirigenti e dipendenti della TV pubblica sono stati così equiparati agli statali.

Stop agli stipendi d’oro della RAI: il Senato approva i tagli

Stop agli stipendi d’oro di chi lavora alla RAI: il Senato ha approvato l’emendamento presentato dal relatore del Partito Democratico Roberto Cociancich che proponeva di “allargare” il tetto massimo di 240.000 euro all’anno previsto per gli statali anche a dirigenti, consulenti e dipendenti della televisione pubblica italiana.

L’emendamento in questione è parte del più ampio disegno di legge sull’editoria, e dopo l’approvazione da parte della Camera dei Deputati ha quindi ottenuto anche il “sì” da parte del Senato. In questo modo verrà dunque posto un limite all’emorragia di fondi destinati agli stipendi d’oro dei dirigenti RAI, i quali potranno comunque continuare a godere di retribuzioni elevatissime.

Da un punto di vista più ampio, la riforma prevista dal ddl sull’editoria consentirà una revisione in grande stile dei finanziamenti pubblici e la conseguente istituzione del “Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione“, nel quale confluirà lo 0,1% del contributo di solidarietà a carico dei redditi pubblicitari.

Ulteriori proventi saranno ricavati da forme di sostegno all’editoria cartacea e digitale e da eventuali rimanenze del famigerato canone RAI. Il tetto massimo sulla retribuzione di dirigenti e consulenti RAI è stato votato all’unanimità da parte del Senato, sebbene sia stata prevista una postilla che ha fatto storcere il naso a molti.

Nonostante l’ufficiale addio agli stipendi d’oro infatti, nel totale dei 240.000 euro non verranno infatti incluse eventuali consulenze specifiche per le cosiddette “professioni regolate da tariffe”. La concessione del servizio pubblico radio-televisivo avrà la durata di 10 anni, ed il ddl prevede inoltre il ritorno della distinzione tra testate locali e nazionali per quel che concerne i contributi in relazione al rapporto venduto-distribuito, rimasto al 30% per le prime e fissato ad almeno il 20% per le seconde.

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