Sindaco di Agrigento sospeso: accusato di abuso d’ufficio

Condannato a due mesi e 20 giorni il sindaco di Agrigento: per Zambuto l'accusa è di abuso d’ufficio. La multa riguarda l’acquisto di spazi pubblicitari a spese del Comune, utilizzati per la sua campagna elettorale

Sindaco di Agrigento sospeso: accusato di abuso d’ufficio

Il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, è stato condannato a due mesi e venti giorni con l’accusa di abuso d’ufficio. L’accusa è di aver acquistato spazi pubblicitari prima delle elezioni a spese del Comune, e di averli pagati con i soldi della Fondazione Pirandello, di cui egli stesso era il presidente: un’azione che non è stata gradita e che si è aggiunta ad altre due accuse che riguardavano ancora altri abusi d’ufficio e ad una condanna per ipotesi di falso. Una pena lieve, per giunta ridotta di un terzo poiché è stato richiesto il rito abbreviato, ma che conferma la sospensione dalla carica di sindaco. La Prefettura provvederà già nelle prossime ore a ratificare la sospensione di Zambuto, profondamente dispiaciuto per ciò che è successo. 

La sentenza è stata possibile grazie all’applicazione della legge Severino, che prevede la sospensione anche per le condanne di primo grado. E l’abuso d’ufficio è un reato per cui è prevista proprio la condanna in primo grado, per cui è stata inevitabile la sospensione. A comunicare tutti gli estremi sarà la Procura della Repubblica di Agrigento, con la collaborazione di Renato Di Natale e di Ignazio Fonzo, che a breve invierà la comunicazione alla Prefettura. Quest’ultima avrà l’incarico di emanare un provvedimento di sospensione della durata di diciotto mesi. Assolto invece il giornalista Domenico Vecchio, dichiarato estraneo alla vicenda e quindi di libero da qualsiasi condanna. 

Il provvedimento preso nei confronti di Zambuto, che a prima vista sembra molto oneroso, è invece dovuto, perché gli adempimenti delle spese sostenute dai comuni devono rispettare le norme e soprattutto i cittadini. L’azione di Zambuto, che si è praticamente appropriato dei fondi dell’associazione Pirandello, è totalmente vergognosa. Per lo più se si pensa che i proventi sono serviti per la sua campagna pubblicitaria, addirittura mentre ancora non era in carica. 

La carica di presidente della Fondazione Pirandello non implicava certo la possibilità di utilizzare i fondi a suo piacimento e nelle sue capacità vi era solamente la gestione dei proventi. La condanna dunque è stata minima grazie al rito abbreviato, che suona ora come una giustificazione dell’atto commesso; in casi come questo dovrebbe invece essere negata la scelta del rito abbreviato.

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