Si riapre il cold case di Cristina Mazzotti. La prima donna sequestrata dalla ‘ndrangheta

La procura di Milano riapre un caso di sequestro del 1975. Cristina Mazzotti fu ritrovata in una discarica dopo 60 giorni di prigionia. La famiglia pagò un riscatto di oltre un miliardo di lire.

Si riapre il cold case di Cristina Mazzotti. La prima donna sequestrata dalla ‘ndrangheta

Cristina Mazzotti è stata la prima donna sequestrata in Italia dalla criminalità, a scopo di estorsione. Rapita la sera del 1 Luglio 1975, davanti alla villa di famiglia ad Eupilio in provincia di Como. Il suo cadavere fu ritrovato in una discarica nel novarese dopo due mesi. La famiglia aveva già pagato un riscatto di oltre un miliardo di lire. Denaro mai ritrovato. Cristina aveva solo 18 anni.

La procura di Milano riapre il caso -per la terza volta- dopo che un primo processo si concluse a Novara con otto ergastoli a carico di fiancheggiatori, ma non degli esecutori materiali del sequestro finito in omicidio. Nel 2007 un’impronta digitale, grazie alla nuova banca dati, fu attribuita a Demetrio Latella. Coinvolto nell’omicidio del magistrato Bruno Caccia. Il quale, pur ammettendo di essere stato uno dei sequestratori, chiamando in causa altre due persone, non fu mai arrestato. Il fascicolo (passato a Milano per competenza territoriale) fu archiviato nel 2012: prescritti, per varie ragioni, il sequestro di persona e l’omicidio volontario aggravato. Nel 2015, su esposto del legale della famiglia Mazzotti la Corte di Cassazione dichiara imprescrittibile il reato di omicidio volontario. Ora i pm milanesi Alberto Nobili e Stefano Civardi, sulla base del lavoro della squadra mobile, contestano a quattro persone legate alla vecchia “mala” milanese, spalleggiate dalla ‘ndrangheta, l’omicidio volontario della ragazza. 

Un’incredibile vicenda giudiziaria, che nasce dall’orrore di quella sera del 1 Settembre 1975, quando arriva una telefonata anonima ai carabinieri. La voce dice di scavare in una discarica di Galliate. Tra fotocellule ed escavatori, si intravede una mano. Dopo sessanta giorni, l’epilogo di vane ricerche. L’ostaggio assassinato il giorno prima del pagamento di un riscatto. Un miliardo e cinquanta milioni delle vecchie lire, non erano bastate a salvare Cristina. Il padre, Elios Mazzotti, ucciso dal dolore pochi mesi dopo la scomparsa della figlia, era ottimista. Dopo il pagamento perchè avrebbero dovuto uccidere Cristina ? Certo non erano i cinque miliardi richiesti, ma nel 1975 un miliardo di lire ti cambiavano la vita.Invece i sequestratori avevano pianificato tutto. La Mazzotti dopo 60 giorni di prigionia, avrebbe potuto riconoscerli. Meglio eliminarla.

Avevano anche cercato di depistare gli inquirenti, chiamando la famiglia Mazzotti ed informandoli che il rilascio di Cristina sarebbe stato imminente. Rimandato a causa di un piccolo incidente d’auto,senza conseguenze. È una zia della ragazza a ricevere la telefonata: “Non preoccupatevi Cristina sta bene. L’abbiamo trattata come una sorella”. Alla richiesta di una prova del fatto che la ragazza era viva, l’uomo risponde: “Non è necessario che ti dia nessuna prova. Le prove le avrai domani, quando Cristina tornerà a casa. parola di calabrese”. Tutto sembrava risolto e spiegava il silenzio dei rapitori, dal momento del pagamento. Le due ore più belle trascorse dai Mazzotti,durante il sequestro. Le più belle e le più crudeli.

In un’intervista del 1995 Argiuna Mazzotti, sorella di Elios, di professione medico che viveva a Roma, racconta quei giorni. Erano i primi anni dell’Anonima sequestri. Pur essendo un commerciante benestante, il padre di Cristina non si riteneva in pericolo. “Ancora oggi la scelta di Cristina, per noi rimane un mistero”. Fu lei a seguire la trattativa per il riscatto.Inizialmente la richiesta fu di dieci miliardi di lire. Una follia. Fino ad arrivare ad un miliardo e cinquanta milioni. Cifra comunque altissima, per l’epoca. Il denaro fu consegnato il 1 Agosto 1975 da Elios Mazzotti. L’allora capo della Criminalpol disse, tristemente profetico: “Avete pagato e ora siete scoperti. Hanno il denaro e quindi non hanno interesse a mantenere in vita Cristina”. Anche i dettagli della morte della ragazza non sono stati mai chiariti. Se effettivamente il decesso sia stato causato da un eccesso di sedativi e sonniferi, se Cristina sia stata gettata in quella cava in stato di incoscienza ma ancora viva o addirittura, come indicato dai referti del 1975, finita a colpi di bastone.

Continua a leggere su Fidelity News