Nella giornata del 25 Settembre 2015 si è verificato in una comune casa milanese un quasi dramma che ha fatto discutere tutta la rete ed il mondo della psicologia sul complesso rapporto tra giovani e tecnologia e sul problema della mancanza di autorità nelle moderne famiglie italiane.
Nello specifico, un ragazzo di 13 anni, rimasto a casa per una leggera indisposizione, ha iniziato una lunga maratona di giochi, uno dopo l’altro, sulla sua Playstation 4 nuova fiammante, di fronte alla quale si è intrattenuto per ben 12 ore di fila, insensibile agli appelli della madre a staccare un po’ ed a fare, magari, anche qualcosa d’altro come portarsi avanti con i compiti scolastici o, almeno, leggere un libro.
Indisposta dal silenzio e della vane promesse del ragazzo, la signora in questione ha usato la cara, vecchia soluzione tipica di tutti i genitori non tecnologici: ha staccato la spina alla PlayStation. Non l’avesse mai fatto!
Il maratoneta della videoludica, colpito da quest’inusitata “violenza” domestica, si è barricato in bagno, muto in un silenzio degno della miglior protesta “Ghandiana”. Alla madre, poverina, non è restato altro – dopo innumerevoli tentativi di conciliazione – che chiamare una volante della polizia al 113 e lasciare che fossero gli agenti, sopraggiunti a casa, a risolvere l’intrigo con una bella predica al pur imbronciato giovincello milanese.
Come dicevamo, sulla rete, si sono levate molte critiche in merito alla faccenda e tutte inerenti la pericolosità dei giochi per l’armonia domestica. A tal riguardo, il dottor Nicolò Terminio (psicologo e psicoterapeuta) ha voluto fare la sua precisazione e spezzare una lancia “a favore dei pericolosi giochi”.
In sintesi, questo il pensiero di Terminio, la colpa di vicende del genere non è del videogioco in sé ma della sua capacità di assorbimento e coinvolgimento mal gestita. I ragazzi, ovviamente, non sanno ancora regolarsi di fronte a passioni così avvolgenti e ci si precipitano a capofitto, senza sosta. Sta alle famiglie porre dei limiti tramite la figura dell’autorità domestica, ad esempio il padre.
Dapprima i giovani tenderanno ad avvertire queste indicazioni come un qualcosa di esterno, come un ostacolo e, magari, faranno anche resistenza. Col passare del tempo, però, introietteranno i consigli dei genitori che diverranno la voce della ragione nella loro coscienza, formando quello che in gergo psicologico è noto come “Super-Io”.
Quindi, quando accadono episodi del genere, più che gridare al luddismo più esasperato, bisogna capire di quale dinamica familiare (es. la mancanza di un’autorità in casa) l’episodio – in sé – sia sintomo ed emblema. E intervenire su quella, come si è sempre fatto nella buona medicina.
O quando, più semplicemente, si usava ancora il buon senso.