Sgozzò la figlia di poco meno di quattro anni e tentò di uccidere il figlio dodicenne, ma non passerà neanche un giorno in carcere perché dichiarato incapace di intendere e di volere. Questa la conclusione raggiunta dalla Procura alla conclusione delle indagini per il delitto, avvenuto poco dopo l’inizio del lockdown.
I fatti si svolsero il 21 aprile del 2020. Il 39enne Bilal Miah, operaio orafo di origine bengalese, era stato messo da qualche settimana in cassa integrazione a causa della pandemia. Quella mattina nella villetta di Levane, località in provincia di Arezzo, la sua depressione e preoccupazione per la mancanza di lavoro e l’impossibilità di mantenere i figli erano cresciute fino a portarlo all’esplosione.
L’uomo aveva atteso che la moglie uscisse di casa, si era rimosso i vestiti ed aveva sgozzato la bambina con un coltello. La sua furia si era rivolta poi verso il figlio di 12 anni, che riuscì a fuggire, mettendosi in salvo dai vicini del piano di sotto. Billal poi uscì di casa ancora completamente nudo e cercò di suicidarsi gettandosi in un pozzo, senza riuscire nel suo intento.
La indagini si erano fermate quando l’uomo era stato dichiarato non in grado di partecipare al processo in quanto totalmente incapace di intendere e di volere. Dopo mesi di cure, le sue condizioni di salute sono migliorate, consentendo alle indagini di riprendere. L’uomo, accusato di omicidio volontario aggravato dal rapporto genitoriale e tentato omicidio, non entrerà però mai in carcere.
Nonostante infatti le sue condizioni mentali siano adesso migliorate, le indagini hanno adesso concluso che all’epoca dell’omicidio non era in grado di autodeterminarsi per una situazione psicopatologica grave, e quindi non sarà mai condannato. Un crollo psicologico completamente causato dal lockdown, come confermato dal datore di lavoro di Miah che all’epoca spiegò che l’uomo non aveva problemi pregressi, ma aveva iniziato a stare male da poco più di due settimane, prendendo anche psicofarmaci in seguito ad un consulto con un medico.