Si era scusata Martina Levato, la 27enne che lo scorso 28 Dicembre sfregiò con l’acido l’ex compagno di liceo Pietro Barbini, insieme all’altro imputato Alex Boettcher. Ma non è bastato. La ragazza è stata condannata a 14 anni di reclusione per lesioni gravissime, ma non aveva mai provato veramente rimorso per quel terribile gesto, quantomeno fino alla sua ultima uscita mediatica. Che, guardacaso, era coincisa proprio con la richiesta del suo avvocato di parziale infermità mentale. Il difensore Daniele Barelli ha infatti sostenuto nella sua arringa che la Levato soffra di “un disturbo di personalità borderline, e che le va quindi riconosciuto almeno il vizio parziale di mente”.
Lo stesso Barelli aveva poi supportato la propria tesi sostenendo di fronte ai cronisti che la giovane sia ora in cura presso uno psicoterapeuta in carcere. La stessa vittima però non era del tutto esente da colpe, come emerso nel corso della ricostruzione del caso, in quanto lo stesso pm Marcello Musso ha sostenuto che Barbini aveva tenuto una condotta grave nei confronti di Martina Levato, tempestandola di messaggi pesantissimi fino a pochi mesi prima dell’aggressione.
La Levato avrebbe quindi decido di punire il proprio stalker nella maniera più terribile, sfregiandolo a vita con l’acido, cercando al contempo di tenere quanto più possibile al riparo il proprio compagno e complice Alex Boettcher. Boettcher è infatti il padre del figlio che la ragazza porta in grembo. L’esito del processo, che si sta svolgendo a porte chiuse su richiesta della parte civile, è rimasto incerto fino alla fine: il pm aveva inizialmente chiesto 15 anni di reclusione per entrambi, senza il riconoscimento di alcuna attenuante.
Ma i difensori Gorpia (avvocato di Boettcher) e Barelli (avvocato della Levato) hanno poi richiesto il riconoscimento di un parziale vizio di mente per lei, e delle attenuanti per lui. La sentenza però è stata inclemente nei confronti della coppia dell’acido: 14 anni per entrambi, ed 1.000.000 di euro di risarcimento a Barbini. Sono state infatti riconosciute due delle tre aggravanti del caso (premeditazione e motivi abietti, solo quella della crudeltà è stata esclusa)