Tra le truffe più comuni, quella dell’invalidità fittizia è senz’altro una delle più remunerative. Sostanzialmente, rende possibile incassare un “doppio stipendio” regolarmente, almeno fino a quando non partono i controlli che incastrano il truffatore in questione. Ed è proprio questo ciò che è successo a Napoli quest’oggi, dove 30 falsi invalidi sono stati smascherati in seguito ad un’elaborata inchiesta dei carabinieri.
Le indagini erano iniziate lo scorso Marzo 2014, e sono state portate avanti dai carabinieri della Stazione di Napoli-San Giuseppe. L’inchiesta, facente parte di una larga opera di pulizia coordinata dalla Sezione reati contro la pubblica amministrazione della Procura di Napoli, ha permesso ai militari di arrestare 17 truffatori, finiti ai domiciliari.
Altre 14 persone dovranno invece sottostare all’obbligo quotidiano di firma presso la polizia giudiziaria. La Sezione reati contro la pubblica amministrazione del capoluogo partenopeo sta stolgendo un lavoro di proporzioni enormi negli ultimi anni, e questo è stato solo l’ultimo dei numerosi giri di vite. Basti pensare che, dall’inizio delle operazioni (Settembre 2009) ad oggi, sono state disposte circa 450 misure cautelari, e sono stati parallelamente sequestrati beni per 19 milioni di euro.
La lotta ai falsi invalidi è tuttavia ancora lunga e difficoltosa, come testimoniano le cifre: se in 6 anni sono stati sequestrati beni per 19 milioni, d’altra parte i falsi invalidi del capoluogo partenopeo sono costati oltre 22 milioni di euro allo Stato in soli 3 anni, ovverosia dal 2012 ad oggi. Numeri che rendono chiaro quanto combattere il fenomeno sia di prioritaria importanza per le casse statali.
Michele Centola, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Napoli-Centro, ha dichiarato a Panorama.it che: “Con la complicità di un dipendente della Asl, i falsi invalidi presentavano all’Inps su carta autentica dell’Azienda sanitaria false certificazioni che avevano timbrato utilizzando sigilli contraffatti. Su questi documenti-ha continuato il Comandante-erano attestate patologie gravissime, per le quali l’Ente previdenziale era costretto ad erogare anche l’assegno di accompagnamento”.
Ad esempio, un venditore ambulante di profumi di Borgo Sant’Antonio percepiva mensilmente un assegno di invalidità di 1.300 euro, oltre ai 700 euro previsti per il suo “ipotetico accompagnatore“. Insomma, si intascava ad ogni fine del mese 2.000 euro netti elargiti dallo Stato, senza dover fare alcunché. Un “secondo stipendio” mica da ridere, che si aggiungeva ai soldi che otteneva “legalmente” continuando a vendere profumi porta a porta. Sebbene per l’Inps risultasse “afflitto da una grave patologia agli arti inferiori che gli impediva la deambulazione“.