Vito Bianchi, 54 anni, zio dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi, arrestati e ora sotto processo per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, il 21enne massacrato a calci e pugni senza un perché in piazza a Colleferro, nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020, è stato arrestato di nuovo dai carabinieri della compagnia di Colleferro, agli ordini del capitano Vittorio De Lisa.
Gli investigatori precisano che i fatti contestati allo zio dei Bianchi non si riferiscono all’omicidio di Willy Monteiro Duarte e risalgono invece a diversi anni fa. Il 54enne di Artena è stato condotto in carcere a Rebibbia, in base a un ordine di carcerazione del Tribunale di Velletri, per un cumulo di pene per reati relativi allo spaccio di droga.
L’arresto del 54enne e lo spaccio di droga dei fratelli Bianchi
Il 54enne, che deve scontare una pena di 5 anni di reclusione e pagare 20mila euro di multa, aveva chiesto l’affidamento ai servizi sociali, ma il tribunale di Sorveglianza ha dichiarato inammissibile l’istanza, ritenendo lo zio dei “gemelli”, come erano noti Marco e Gabriele Bianchi per la loro somiglianza, incompatibile con la detenzione domiciliare.
Anche i fratelli Bianchi sono coinvolti in un giro di droga e avevano creato un clima di terrore tra Artena, Lariano e Velletri. Spacciavano cocaina, avevano contatti con ambienti criminali e a volte ricorrevano alla violenza. Quando gli amici massacravano giovani vittime per droga, loro ridevano. Considerati come dei veri e propri “despoti” dai loro coetanei, avevano una vita agiata, fatta di alberghi, auto di lusso e vita da nababbi quella dei due fratelli di 26 e 28 anni.
Il gip,dall’analisi dei conti correnti intestati, quasi tutti con saldo pari a zero, in cui sono state rilevate pochissime operazioni, per importi irrilevanti e risalenti nel tempo, ritiene che gli indagati abbiano tratto i loro mezzi di sussistenza unicamente da attività illecite e, in particolare, dallo spaccio di sostanze stupefacenti; un’attività, questa, che presuppone la disponibilità di denaro contante e non tracciabile.
Le regole erano ben chiare tra i vari acquirenti: tutti sapevano che bisognava pagare nei tempi e nei modi stabiliti e tutti erano consapevoli che, in caso contrario, potevano subire una vera e propria “spedizione punitiva” che, oltre alle minacce, poteva comportare violente aggressioni fisiche.Il giro di affari assicurato dall’attività illecita era importante: gli arrestati, non a caso, utilizzavano auto di grosse cilindrata, abiti griffati e orologi di valore, documentando ogni serata trascorsa nelle più importanti piazze della “movida” della zona dei Castelli Romani” con foto e video pubblicati sui social.