Si è scatenato un incredibile polverone mediatico attorno alla fotografia dell’uomo ritratto a defecare presso l’ingresso della stazione di Roma Termini; in pieno giorno, davanti agli sguardi attoniti degli astanti. Ed a quelli di qualche smartphone, provvidenzialmente estratto per immortalare l’incredibile scena. La delirante condotta dell’uomo è stata poi schiaffata su Facebook, come sempre accade in casi di questo genere, precisamente sul profilo di Imola Oggi. E da lì è stata poi ripescata da Il Messaggero, che l’ha provvidenzialmente proposta, seguito da tutte le altre maggiori testate nazionali.
L’uomo, secondo quanto riporta Il Messaggero, ha defecato all’ingresso della più importante stazione della Capitale proprio nell’ora di punta, calandosi i pantaloni e facendo di una vetrina il proprio personale bagno privato. Quantomeno fino al completo espletamento delle proprie necessità fisiologiche. Increduli i passanti, così come anche i ferrovieri, che si sono già dichiarati vittime del degrado che imperversa nelle stazioni romane.
Una nota delle Ferrovie dello Stato recita infatti: “L’episodio di un uomo che si cala i pantaloni davanti all’ingresso della Stazione Termini è purtroppo solo l’ultimo di una serie che rivela lo stato crescente di degrado,con imbarazzo per i cittadini, per i lavoratori e per i turisti che ogni giorno frequentano la stazione. Il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane-prosegue il comunicato-è vittima di questo degrado, che si manifesta anche con aggressioni al personae, oltre che con danneggiamenti al patrimonio delle sue società”.
“Nella zona circostante la stazione Termini di Roma, nonostante il Gruppo FS Italiane di prenda cura quotidianamente del disagio sociale con numerose attività ed intervenga con la Protezione aziendale, d’intesa con le forze dell’ordine, per assicurare all’interno dello scalo sicurezza e pulizia, la trascuratezza incombe. Ciò che accade fuori dalla stazione-chiosa infine il Gruppo FS-è competenza delle autorità locali”. Insomma, la questione dovrà essere risolta dalle autorità cittadine e dalle forze dell’ordine.
Rimane comunque un interrogativo fondamentale, alla base della vicenda: perché? Certo, nessuno può essere certo di avere la risposta corretta, se non l’autore materiale del gesto. Ma la domanda conduce ad un secondo quesito intrinseco in essa, più discreto, ma la cui importanza non è da sottostimare: se l’accesso ai bagni pubblici fosse stato ancora gratuito come avveniva un tempo (nemmeno troppo lontano), e si lasciasse perdere l’idea speculativa dei vespasiani, avremmo comunque assistito a questa scena? Perché pecunia non olet, d’accordo. Ma qualcos’altro invece sì.