Incredibile vicenda accaduta a una donna romana, Maria S., che alla quinta settimana di gravidanza aveva effettuato un controllo al pronto soccorso dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma in seguito a dei disturbi. I medici avevano dichiarato il feto morto, e quindi bisognava procedere al raschiamento con un aborto terapeutico. La donna non era affatto convinta della diagnosi data dai medici, e aveva rifiutato di eseguire l’aborto. E il suo istinto non sbagliava! Dopo aver fatto altri accertamenti e aver deciso di non prendere il Metherghin prescritto dal pronto soccorso, la donna ha deciso di aspettare qualche settimana prima di prendere una decisione così importante. Seguita dal medico curante, ha poi scoperto tramite l’ecografia che il suo bambino era ancora vivo, e ha deciso dunque di proseguire la gravidanza ma di non farla passare liscia ai medici che per poco non la facevano abortire.
Tutto questo accadeva nei primi mesi del 2013, e Maria S. partorisce il 2 dicembre dello scorso anno dando alla luce un bambino perfettamente sano e che gode di ottima salute. La donna ha denunciato il pronto soccorso dell’ospedale romano, per la diagnosi frettolosa data dai medici e per l’indifferenza con cui vengono trattati casi di questo genere. Se la donna non avesse dato ascolto ai suoi presentimenti oggi il piccolo non sarebbe tra le sue braccia, e avrebbe spezzato una vita che non si era spenta, perché il feto era ancora vivo.
Tante volte casi di questo tipo fanno riflettere sui tanti operatori non qualificati che spesso svolgono lavori non inerenti alle loro mansioni, e fanno diagnosi che nulla hanno a che vedere con la realtà. Insufficienza di personale e carenza di professionalità adeguata rendono i pronto soccorsi italiani protagonisti di vicende assurde, che potrebbero essere evitate se i controlli e le diagnosi fossero eseguite da persone competenti. Il caso di Maria S. è uno della lunga serie di inefficienze che caratterizzano il paese, e la donna è stata fortunata a desistere alle pressioni dei medici per abortire. Una vita ancora tra noi grazie a quell’istinto materno che protegge e si prende cura dei piccoli fin dal loro concepimento, un istinto naturale che supera anche le diagnosi. Maria adesso chiede giustizia e spera che la sua denuncia possa aiutare altre donne ad essere più caute e ad eseguire controlli più accurati.