Al Policlinico Umberto I di Roma viene ricoverata una bambina di 9 anni per un attacco di ischemia cerebrale avuto in seguito all’infezione da CoronaVirus. L’equipe medica ha deciso di provare a salvare la bambina con un delicatissimo intervento salvavita.
La bambina giunge al Pronto Soccorso Pediatrico il 17 giugno per un attacco ischemico celebrale. L’Ospedale Umberto I ha dichiarato che la bambina al momento del primo malore si trovava in un centro estivo. Proprio al centro estivo la bambina ha iniziato a mostrare un improvvisa ed importante sonnolenza, vista la stanezza dei sintomi sono stati allarmati immediatamente i genitori della bambina che hanno deciso di portarla al Pronto Soccorso per essere sicuri che fosse tutto a posto. Qunado la famiglia giunge in ospedale la piccola era peggiorata rapidamente tanto da non riuscire più a parlare.
La piccola paziente è stata prontamente trattata con farmaci fibrinolitici che hanno permesso alla piccola di avere un rapido miglioramento. I medici fanno sapere che la bambina non ha subito delle conseguenze neurologiche ed ora è dinuovo in grado di parlare. L’intervento sulla bambina è avvenuto grazie alla collaborazione multidisciplinare dei medici del Pronto Soccorso Pediatrico, della Terapia Intensiva pediatrica della Stoke Unit e della Radiologia.
Il direttore sanitario dell’Ospedale Padiatrico Umberto I ha commentato la vicenda dicendo: “una storia che poteva concludersi con un esito infausto e che oggi siamo qui a raccontare per sottolineare la professionalità e bravura di medici ed operatori sanitari che sono stati capaci di attivare in tempi strettissimi (visto il carattere di emergenza) una catena di professionalità e competenze che hanno fatto la differenza per salvare questa piccola grande vita..”.
Il direttore del Policlinico ha inoltre dichiarato che questa professionalità e competenza sono all’ordine del giorno nell’ospedale Umberto Primo ed inoltre ha affermato che a dimostrare questa cosa vi è anche il grande lavoro ed impegno che tutti hanno garantito durante la prima pandemia da Covid.