Roma, 40 anni fa la tragedia di Vermicino e del piccolo Alfredino caduto in un pozzo artesiano

Era il 10 giugno del 1981 quando il piccolo Alfredo Rampi, di Vermicino, vicino Roma, cadde in un pozzo artesiano durante una passeggiata che stava facendo con il papà. Il dramma si trasformò in un circo mediatico, le tv erano accese giorno e notte.

Roma, 40 anni fa la tragedia di Vermicino e del piccolo Alfredino caduto in un pozzo artesiano

Aveva sei anni il piccolo Alfredo Rampi, il bambino di Vermicino, vicino Roma, che il 10 giugno del 1981, precisamente 40 anni fa, cadde in un pozzo artesiano situato vicino l’abitazione in cui abitava con la sua famiglia. Quel giorno il piccolo stava facendo una passeggiata insieme al papà, quando all’improvviso fu inghiottito da un pozzo artesiano sulla via del ritorno. Mancavano pochi metri a casa, quando il piccolo, che volle tornare da solo, sprofondò nell’inghiottitoio profondo 80 metri.

A lanciare l’allarme furono i suoi genitori, che non video più tornare a casa il loro bimbo. Verso le 21:00 di quella stessa sera si rivolsero ai carabinieri, che cominciarono le ricerche del bambino scomparso. A 5 ore dall’inizio delle ricerche il brigadiere Giorgio Serranti udì dei lamenti provenire da un pozzo artesiano in via Sant’Ireneo. Capì subito che si trattava di Alfredo, che per tutti divenne subito Alfredino. Sul posto giunsero i Vigili del Fuoco: i soccorsi si rivelarono da subito molto complicati. Il pozzo era anche chiuso da una lamiera, la quale era stata apposta ore prima dal proprietario di un terreno, ignaro che lì sotto ci fosse il bimbo. 

Profondità di 60 metri 

Inizialmente il bimbo scivolò ad una profondità di 36 metri, poi a 60. Come già detto i soccorsi si rivelarono sin da subito molto complessi, anche perché il pozzo aveva un’imboccatura di 28 centimetri, con pareti irregolari, molte sporgenze e rientranze. I pompieri calarono una tavoletta alla quale Alfredino avrebbe dovuto arrampicarsi per essere tratto in salvo. Ma questa si incastrò a 25 metri di profondità, rendendo addirittura inaccessibile il pozzo. 

Sul posto arrivarono gli speleologi del soccorso alpino. Il caposquadra si calò nel pozzo a testa in giù per recuperare la tavoletta ma dovette fermarsi a due metri dalla meta, in quanto c’erano molte asperità in quella zona del pozzo. Intanto la notizia ebbe una vasta eco mediatica, tanto che la Rai mandò in diretta televisiva per tre giorni le strazianti operazioni dei soccorsi. I soccorritori decisero quindi di scavare un pozzo parallelo, in modo da creare un tunnel e recuperare il bimbo. 

Circa 21 milioni di italiani seguirono l’evento in diretta tv, attaccati notte e giorno allo schermo. Il primo ad attivare la diretta no stop fu Emilio Fede. Scandali e gravi fatti di cronaca come quello della P2 e del rapimento dell’operaio Roberto Peci, fratello dell’ex brigatista Patrizio, che poi fu assassinato il 3 agosto, passarono in secondo piano. Ad un certo punto, dopo tre giorni di tentativi di salvataggio, i soccorritori non udirono più i lamenti del piccolo. Alfredino morì infatti nel pozzo, prima che i soccorritori potessero raggiungerlo. La diretta si trasformò quindi in dramma, il quale colpì profondamente l’opinione pubblica italiana. 

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